Educare e coltivare sono, quindi, due attività strettamente connesse fra loro: in entrambi i casi l'atteggiamento imprescindibile richiesto è attenzione e cura con la speranza di poter raccogliere un giorno i frutti di un duro...
Con il passare del tempo è cambiato molto il nostro modo di relazionarci e soprattutto di prenderci cura dei bambini fin dalla loro infanzia, accompagnandoli nel loro percorso di crescita: abbiamo smesso di pensare che educare le nuove generazioni fosse una cosa importante.
"Abbiamo cominciato a pensare al bambino come a un essere perfetto, un miracolo della natura davanti al quale non restava altro da fare che prostrarsi in adorazione", così la scrittrice Susanna Tamaro inizia la sua considerevole disamina.
I bambini d'altronde crescono comunque: si tratta di una legge di natura. In qualsiasi condizione nasca, l'essere umano tende con tutte le sue forze a mantenersi in vita e dunque a crescere.
Eppure non tutti crescono nella stessa maniera: si pensi ai bambini di oggi, spesso prepotenti e disperati alla luce di quella indifferenza che li circonda. A tal proposito potremmo pensare ad una prateria.
"L'erba selvatica, infatti, non ha bisogno di alcuna cura per spuntare, segue il ritmo delle stagioni. Più o meno luce, più o meno acqua e, in base a queste, modula il suo sviluppo che sarà limitato e uniforme. Tutti i fili d'erba si assomigliano, tutti appassiscono e scompaiono all'apparire dei primi rigori invernali per rinascere poi a primavera, confermando così la circolare ciclicità del loro esistere", queste le parole della scrittrice.
Si tratta dei c.d. bambini-erba che crescono però all'insegna di limiti ed uniformità.
Ipotizziamo, invece, il caso in cui decidessimo di coltivare, di far crescere un albero da frutta: ciò richiederà tempo, dedizione, cura, attenzione e presenza.
Educare e coltivare sono, quindi, due attività strettamente connesse fra loro: in entrambi i casi l'atteggiamento imprescindibile richiesto è attenzione e cura con la speranza di poter raccogliere un giorno i frutti di un duro lavoro. D'altronde se non ci occupassimo di quell'albero, abbandonandolo alle cure di madre natura, non riusciremmo mai a mangiare i suoi frutti.
Con il passare del tempo anche la scuola, e con essa la capacità di diffondere il sapere, ha subito una profonda metamorfosi: si è passati dalla maestra unica ad una pluralità di maestri che necessitano alla luce di una pluralità di saperi.
Si è iniziato a prediligere la complessità, tralasciando le cose semplici, non contemplando l'idea che esista una base comune a tutti i saperi e che questa base sia necessaria per poter costruire qualcosa che duri nel tempo.
Anche le modalità di apprendimento hanno subito un profondo mutamento: leggere un'informazione su un tablet o su uno smartphone è profondamente diverso dall'apprenderla sottolineando un libro, magari anche scrivendogli delle note accanto.
"Il rapporto occhio - mano- cervello è estremamente complesso. Semplificarlo - o peggio ancora annullarlo - vuol dire lasciare in sonno migliaia e migliaia di connessioni neuronali. E dal sonno delle connessioni al sonno della ragione il passo è piuttosto breve", ci spiega Susanna Tamaro ponendo l'accento sulle nuove tecniche di insegnamento.
Quindi la scuola- azienda vuole creare delle persone senza risorse? Per educare necessitano della basi solide e questo aspetto non può essere mai tralasciato. Ad oggi la scuola potrebbe essere paragonata non ad un edificio ma ad una tenda issata senza picchetti: una folata di vento sarebbe sufficiente per distruggerla.
Non si può, quindi, dimenticare cosa significhi realmente educare: insegnanti e genitori devono svolgere la loro funzione educativa supportando e accompagnando i giovanissimi nel loro percorso di crescita e sviluppo, dedicando loro premura ed attenzione, impegno e dedizione, tempo prezioso utile per la loro adeguata formazione.
di VALENTINA TROPEA