La professione dell’insegnante non è come le altre: nel corso degli anni è scientificamente provato che comporta in alta percentuale patologie, di tipo fisico ma soprattutto con un impatto...
Cambiano ancora gli anticipi pensionistici: secondo le anticipazioni del Quotidiano nazionale, dal 2025 molto probabilmente la flessibilità in uscita sarà data dalla soglia di 41 anni di lavoro e contributi, a prescindere dall’età. Per il sindacato Anief questo genere di misure non sono quelle che servono per introdurre equità e per rispettare le esigenze dei lavoratori, soprattutto quelli che operano in contesti difficoltosi e portatori di stress.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “chi lavora nella scuola ha alte possibilità di incorrere nel burnout, ma questo non viene riconosciuto, come non c’è volontà a riconoscere il rischio biologico per l’attività svolta a contatto con gli alunni. Pensare di introdurre quote di accumulo previdenziale altissime, come i 41 anni di cui si parla ora, non sono la soluzione al problema:
Infatti la professione dell’insegnante non è come le altre: nel corso degli anni è scientificamente provato che comporta in alta percentuale patologie, di tipo fisico ma soprattutto con un impatto nella psiche, per via dell’alto stress correlato all’insegnamento.
La Commissione Lavori gravosi è bene che esamini le situazioni dei singoli comparti di lavoro, con modalità di assegnazione legate agli effettivi danni fisici e psicologici derivanti dallo stressa da lavoro. Siamo convinti che per docenti e personale Ata la risposta più corretta sia quella di permettergli di riscattare gratuitamente i periodi di studio universitario ed equipararli in toto ai lavoratori delle forze armate, così da permettere loro di lasciare il servizio attorno ai 62 anni e senza tagli all’assegno di quiescenza”.