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Pellai, viene meno l'alleanza educativa tra educatori e genitori. Va restituito ai bambini e ai giovani il loro tempo perduto e lo spazio che meritano per poter crescere sani

Aggiornamento: 3 giorni fa

La società sembra desiderare dei bambini capaci di adattarsi ai bisogni degli adulti: un po' come se fossero oggetti parcheggiati in un posto che si è...

Pellai sottolinea come “l’arte dello sgombero sia diventata preferibile a quella della conservazione”.

In una società capitalista tutto ciò che è vecchio e logorato deve essere dismesso, eliminato, sostituito, e non c’è tempo per ripararlo o restaurarlo. Tale filosofia sembra aver interessato anche la famiglia. I genitori, alle prese con ritmi convulsi e compulsivi, faticano a crescere i loro figli in maniera sana: si chiede loro di essere degli ottimi educatori e al contempo di performare al massimo le loro carriere.

Si ricercano dei luoghi di alta competenza educativa che possano seguire al meglio i bambini nel loro percorso di crescita, consentendo ai loro genitori di svolgere il proprio lavoro in maniera impeccabile.

Ed allora gli educatori si ritrovano ad avere dei bambini “parcheggiati” nelle loro strutture per tempi lunghissimi da genitori che delegano in toto alla scuola il loro compito educativo. Educatori che percepiscono, quindi, la pressione dello svolgere la loro funzione in maniera ineccepibile ma che al contempo si sentono inadeguati e viene meno l’alleanza educativa con i genitori, incapaci di svolgere il loro ruolo guida di cui sono detentori.

Sembra non esserci più spazio per i bambini, per il loro divertimento, per una crescita sana e spensierata: nei cortili dei palazzi i ragazzini devono essere composti e non possono fare rumore. Le compagnie aeree consentono di scegliere in anticipo dei posti che siano ben lontani da quelli in cui siedono famiglie con bambini.

Anche alcuni alberghi e resort sono pensati esclusivamente per gli adulti ed i minori non possono accedervi.

I minori “in tale prospettiva vengono visti solo come ingombri che fanno rumore, che danno fastidio”, ci spiega Alberto Pellai nell’ambito della sua ampia riflessione in merito.

In realtà la società sembra desiderare dei bambini capaci di adattarsi ai bisogni degli adulti: un po' come se fossero oggetti parcheggiati in un posto che si è scelti appositamente e che siano capaci di disturbare il meno possibile.

Quindi si deve attuare un progetto genitoriale in cui i figli non siano sin da subito percepiti come un ingombro per le nostre vite e per quelle degli altri, nonché per le nostre carriere.

I giovani non sono più considerati una risorsa nella quale investire, non rappresentano più il nostro futuro, ma la pazienza sembra essere usurata e la capacità di stupirsi dinanzi ad un bambino sembra non appartenerci più nel profondo.

La fatica appare insostenibile e quindi viene demandata alla scuola, la quale però non può farsene totalmente carico, in assenza di una cooperazione con la famiglia.


In questa prospettiva, nella quale la fragilità degli adulti diviene, di riflesso, la fragilità anche dei minori, manca una spinta culturale volta a garantire lo spostamento dalla dimensione dell’Io alla dimensione del Noi, in cui bambini ed adolescenti dovrebbero far parte di un progetto di genitorialità collettiva e sociale.

In un mondo sempre più virtuale e non reale, le relazioni diventano più fragili ed instabili, così enfatizzando il diritto di riappropriarsi del proprio spazio, della propria dimensione.

Una relazione diviene degna di essere vissuta solo se piacevole, gratificante, appagante. Ciò determina una relativizzazione dei rapporti, condizionati solo ai momenti più felici, alle situazioni più piacevoli, incapaci di rendersi conto che le relazioni stabili si connotano per gli alti ed i bassi e che spesso un legame non è gratificante ma richiede fatica e impegno.

Ma solo la stabilità permette di costruire una famiglia, dove ognuno coopera con il proprio impegno, la propria tenacia, il proprio sacrificio, senza mai desistere ma facendo squadra nei momenti più difficili.

La dimensione dell’Io sembra espandersi all’infinito, ognuno sembra bastarsi, e così viene meno quel senso di appartenenza che ha da sempre connotato i rapporti e le relazioni interpersonali.

Occorre, quindi, riappropriarsi di quel senso di appartenenza, di quel desiderio di famiglia, perché solo in tal modo potremo instaurare legami stabili, ponendo i bambini al centro del nostro universo, educandoli in maniera sana ed insegnando loro il vero valore dei rapporti umani, di quelle relazioni interpersonali che perdurano e che completano, di quei rapporti unici e speciali che consentono di assaporare il vero valore della vita.

di VALENTINA TROPEA



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