Occorre comprendere fino in fondo come per poter costruire la propria identità i giovani devono spostarsi dalla dimensione dell'Io alla dimensione del Noi, tenuto conto che le gratificazioni istantanee e le ideologie sono ben lontane da quegli ideali di...
La capacità di autodeterminarsi, avendo piena consapevolezza delle proprie azioni, rappresenta o almeno dovrebbe rappresentare una connotazione tipica di ciascun individuo, avendo raggiunto quel grado di maturazione tale da riuscire ad avere piena contezza del proprio operato e quindi agendo responsabilmente.
Tuttavia, almeno negli ultimi tempi, le generazioni del Terzo Millennio sembrano essere contraddistinte da un "vuoto interiore assoluto" che comporta un loro agire in maniera sconsiderata, spesso senza riflettere in alcun modo sulle conseguenze del proprio operato ed anzi compiendo azioni gravissime senza mai porsi la domanda se ciò che si sta facendo rappresenti un bene o un male.
In relazione a tale aspetto Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano, opera una profonda riflessione, prendendo in considerazione le fragilità di chi cresce e la mancanza di un filtro tra il progetto dell'azione e l'azione stessa.
Gesti estremi e sempre più frequenti, come l'aggressione di docenti da parte di giovanissimi oppure l'utilizzo di coltelli o altri strumenti pericolosi da parte di adolescenti per poter ferire gravemente o addirittura uccidere un proprio compagno di classe, non sono altro che lo specchio di una società che ignora le fragilità di chi cresce, spingendo al massimo l'aspetto della perfomance, dovendo i giovanissimi essere sempre al top e quindi spesso non reggendo il peso della frustrazione, tenuto conto dell'isolamento e dell'iperstimolazione che proviene proprio dal mondo virtuale. Non si tratta di una sola causa ma di tanti fattori di rischio che assieme determinano sempre più conseguenze deleterie.
"C'è un vuoto interiore che non viene nutrito. È un vuoto relazionale (la solitudine pesa moltissimo), è un vuoto di rispecchiamento (lo sguardo dell'altro mi permette di sentirmi visto e sentito), è un vuoto di pensiero (manca l'allenamento all'autoriflessività e al pensiero critico), così sottolinea Alberto Pellai in maniera chiara e dettagliata.
Occorre comprendere fino in fondo come per poter costruire la propria identità i giovani devono spostarsi dalla dimensione dell'Io alla dimensione del Noi, tenuto conto che le gratificazioni istantanee e le ideologie sono ben lontane da quegli ideali di bellezza e di cooperazione che solo il relazionarsi con l'altro può far riemergere: si tratta di una un vuoto etico e morale che rischia di inficiare la crescita dei giovanissimi.
Ecco allora il ruolo guida svolto da genitori ed insegnanti che, nella loro veste educativa, devono indicare la giusta strada da percorrere per avere piena consapevolezza di se stessi, non dimenticando mai che nella vita si può anche sbagliare, senza però che ciò rappresenti un fallimento o un insuccesso. Occorre imparare a guardarsi dentro, riscoprendo quelle fragilità che spesso, attraverso un lavoro che richiede tempo e dedizione, possono diventare veri punti di forza.
Necessita quindi una piena consapevolezza di se stessi, senza dover sempre spingere al massimo, tenuto conto che la performance non deve diventare un'ossessione e considerato che i giovanissimi hanno anche il diritto di sbagliare, senza però sentirsi giudicati o considerando quell'insuccesso come un fallimento personale. Le fragilità fanno parte di noi stessi e non bisogna mai vergognarsi della propria sensibilità, non bisogna mai farsi schiacciare dalle proprie paure, considerato che spesso le persone speciali sono quelle capaci di percepire prima qualsiasi forma di disagio ma al contempo hanno anche al loro interno un mondo tutto da scoprire, intriso di bellezza e significato.
Bisogna avere piena consapevolezza che virtuale non è reale e che quei modelli di perfezione assoluta offerti dai social media rappresentano solo una chimera, una visione distorta di una società che predilige la forma e non la sostanza, incapace di discernere l'esteriorità dall'interiorità, sminuendo le velleità dei giovani e mistificando la realtà, confondendo ciò che giusto con ciò che è sbagliato. Questo sovvertimento di valori tende così a disorientare i giovanissimi che si ritrovano a non avere più alcun punto di riferimento: occorre, quindi, ripristinare quell'equilibrio perduto, ristabilendo quei valori guida che permetteranno di porre al centro l'aspetto etico e morale, colmando quel vuoto interiore che alle volte sembra imperare tra i giovanissimi.
di VALENTINA TROPEA
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