C’è una cultura di genere che va cambiata. Va cambiata da ciascuno di noi e non solo per evitare che nuove violenze avvengano, ma per l’esatto contrario. Ovvero per fare in modo che gli uomini sappiano abitare il territorio dell’amore di coppia, individuando...
La vicenda riguardante Giulia Cecchettin tocca fin nel profondo un po' tutti noi e sicuramente Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano, attraverso un suo articolo su Famiglia Cristiana, ci permette di riflettere su una tematica alquanto delicata che merita una profonda attenzione al fine di prevenire la violenza di genere e soprattutto al fine di cambiare la cultura di genere, imparando ad amare ma anche a lasciar andare, educando i giovanissimi ad instaurare relazioni sane basate sull'amore e sul rispetto reciproco.
A tal fine riportiamo qui di seguito l'articolo dello psicoterapeuta Alberto Pellai:
"L’ergastolo è il conto che Filippo Turetta dovrà pagare alla giustizia per il delitto efferato da lui commesso. “Giustizia è fatta” verrebbe da dire. Il colpevole sconterà la pena più grave tra quelle comminabili. Eppure le parole di commento alla sentenza pronunciate da Gino Cecchettin raccontano ben altro. Ci parlano di una sconfitta che riguarda tutti. Riguarda la famiglia della vittima, perché il dolore per il vuoto lasciato da chi non c’è più, non viene certo compensato dalla consapevolezza che il colpevole è stato punito. Che un giovane uomo di poco più di 20 anni uccida la giovane donna che non ha più desiderio e volontà di stare in coppia con lui è una sconfitta dell’intera società, sotto ogni punto di vista.
E’ una sconfitta della prevenzione della violenza di genere: continuiamo ad auspicarla e anche a metterla in atto, ma i femminicidi non si sono fermati. E’ una sconfitta per il diritto delle donne ad autodeterminare la propria vita affettiva che in nessun modo deve mai essere messa sotto minaccia e sotto controllo. E questo Giulia Cecchettin ce lo aveva ben chiaro, come hanno rivelato le sue pagine di diario date alla stampa in questi giorni. Ciò nonostante la sua consapevolezza non è stata sufficiente a tutelarla dalle intenzioni assassine del suo omicida. E’ una sconfitta per il genere maschile: ogni uomo si deve sentire toccato e coinvolto nel dolore e dal dolore dei familiari di Giulia.
C’è una cultura di genere che va cambiata. Va cambiata da ciascuno di noi e non solo per evitare che nuove violenze avvengano, ma per l’esatto contrario. Ovvero per fare in modo che gli uomini sappiano abitare il territorio dell’amore di coppia, individuandolo come un luogo di tenerezza e di intimità, di sicurezza e protezione, di vicinanza e condivisione emotiva. Se si impara a fare questo, allora nessuna storia d’amore potrà mai diventare un’occasione per fare violenza. Anche quando si deve affrontare la crisi, la fine, la separazione. Imparare ad amare davvero significa anche imparare a lasciare andare. Noi genitori questa cosa la facciamo con le vite dei nostri figli.
Li amiamo sopra ogni cosa, li proteggiamo, li teniamo vicini a noi: ma poi arriva un giorno che vanno dentro alle loro vite. Ci lasciano. A volte è faticoso lasciarli andare via. Però accade. La genitorialità è quel territorio delle nostre esistenze dove più si impara a maneggiare tutto: il bello e il brutto, la gioia e il dolore. Ce lo dimostra alla perfezione, la sobrietà e l’enorme competenza emotiva con cui papà Gino ha trasformato il suo dolore in testimonianza civile. Anche oggi, dopo la sentenza a Turetta ha affermato: “ Nessuno mi ridarà indietro Giulia, non sono né più sollevato né più triste rispetto a ieri. È chiaro che è stata fatta giustizia. Come essere umano mi sento sconfitto, come papà non è cambiato niente rispetto a ieri o a un anno fa”. Lui lo sa bene che l’ergastolo a Turetta non è una consolazione. E’ un atto dovuto. Ma è certo che la sentenza di oggi rivela che “abbiamo perso tutti come società”. Coraggio e consapevolezza: è nell’uomo Gino Cecchettin che tutti noi uomini del terzo millennio possiamo trovare l’esempio e l’ispirazione per quel cambio di cultura di genere che ci permetterà di non contaminare più con la violenza il territorio dell’amore".
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di VALENTINA TROPEA