Spesso i genitori sono eccessivamente apprensivi e si ostinano a voler scegliere al posto dei loro figli ma il loro reale compito è quello di prendere in considerazione le inclinazioni dei loro figli, le loro passioni, cercando...
Una tematica molto importante che merita un'attenta riflessione in merito è quella relativa alla possibilità dei giovanissimi di scegliere, in maniera consapevole, un percorso di studi che possa essere incline alle proprie attitudini, inclinazioni e capacità. Tuttavia tale scelta viene effettuata all'età di 12 anni, al massino 13 anni, e quindi spesso i ragazzi non hanno ancora le idee molto chiare, non sono ancora in grado di scegliere consapevolmente, non conoscendo la strada giusta da percorrere ma soprattutto non conoscendo bene e nel profondo quelle che sono le loro passioni, aspirazioni ed obiettivi da perseguire.
A tal fine il pedagogista Daniele Novara, in un intervista a La Stampa, si è così espresso:
"Iniziamo con il dire che non ci può essere una vera scelta scolastica a quell’età. Ragazzi e ragazze di appena 12 anni, al massimo 13, come fanno a sapere quale sarà la loro vita e in qual direzione andare? Nemmeno i genitori devono per forza cercare la soluzione perfetta, che tra l’altro non esiste, ma aiutare i figli e le figlie a evitare le scelte più sbagliate. Ricordo un amico che aveva un figliolo eccezionale a scuola, ma che si era invaghito del cooking.
Voleva rinunciare a un'ottima carriera scolastica perché si era innamorato di Masterchef. I genitori sono intervenuti e gliel'hanno impedito, detto brutalmente.
Sono casi eclatanti, ma alla fine delle medie l’orientamento allo stato puro è tecnicamente impossibile.
Si può fare sulla scelta universitaria, assolutamente legittimo, ma azzeccare la scuola superiore giusta appare un'operazione impropria. Prendiamo il mio caso. Nel ‘71 mi dissero che avrei potuto fare qualsiasi scuola tranne il liceo classico, perché non ero bravo in italiano. Nella mia vita avrò scritto una sessantina di libri".
Spesso i genitori sono eccessivamente apprensivi e si ostinano a voler scegliere al posto dei loro figli ma il loro reale compito è quello di prendere in considerazione le inclinazioni dei loro figli, le loro passioni, cercando di fungere da guida nella vita di ragazzi giovanissimi, consapevoli che non è possibile una "scelta perfetta" ma sicuramente la funzione educativa svolta potrebbe evitare scelte oggettivamente e palesemente sbagliate.
"È inutile insistere con scuole particolarmente impegnative se i figlioli appaiono molto refrattari allo studio. Un buon criterio è la passione per la lettura: se non ne ha alcuna, lo zero cosmico, buttarlo in un liceo è solo una pretesa della famiglia di avere un figlio in un contesto scolastico di prestigio che però non corrisponde alla realtà. Detto questo, bisogna anzitutto cercare di capire qual è il desiderio, che a volte è seguire i suoi compagni delle medie. Non si può fare la scelte perfetta, il desiderio di un tredicenne ha senso, è da considerare. Meglio se evitando le decisione più strampalate", queste le parole di Daniele Novara.
Dunque, occorrerebbe optare per una scuola meno competitiva nella quale la priorità non sia solo ed esclusivamente la promozione o la bocciatura ma necessiterebbe una maggiore attenzione ai ragazzi, risorsa preziosa ed investimento per il futuro.
A tal proposito il pedagogista Novara, nella sua intervista, ha così dichiarato:
"Intanto si può osservare la disposizione dei banchi, che segnala una didattica più o meno sociale. Si può chiedere se è una scuola digitale o meno, così da capire se dovrà passare cinque anni su un tablet, il che non è particolarmente auspicabile o potrà continuare a seguire un percorso di apprendimento normale. Si può chiedere se didattica è basata su lezioni frontali o altri metodi di efficacia maggiore, se nel calendario ci sono progetti e iniziative dedicate all’interazione tra tra scuola e territorio. Bene chiedere come funziona la comunicazione tra scuola e genitori, cercando di capire se saranno riempiti di note o se si cercherà invece di creare un ambiente scolastico con alunni motivati a imparare».
Da ultimo il pedagogista ha concluso affermando che:
"La valutazione deve considerare i progressi, non gli inevitabili errori, perché la scuola deve essere il luogo dove sbagliando si impara, invece è diventata sempre più incalzante. L’errore non è più visto con benevolenza, ma come un momento di difficoltà. Bisognerebbe rafforzare la preparazione pedagogica degli insegnati delle superiori, che al momento non esiste. Altrimenti il prof per gestirli si trova a usare tecniche sadiche: ti do due, zero, ti metto tre. Questo alimentato anche dall’ultima e discutibile normativa ministeriale per cui se un ragazzo si comporta male viene bocciato e la scuola diventa un luogo di espiazione. Per carità, si sopravvive. Ma la cronaca continua a rimandarci un disagio profondissimo: non c'è nessuna considerazione dei ragazzi e delle ragazze come risorsa preziosa".
di VALENTINA TROPEA
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