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La Carta docente va anche ai supplenti, il ragionamento “muove da una matrice eurounitaria” che condanna “qualsiasi disparità di trattamento”: a Roma 2.000 euro più interessi a un’insegnante

"Nessun dubbio, nessun ripensamento. Sulla Carta del docente i giudici hanno solo una certezza: deve essere fornita annualmente anche ai..."

Nessun dubbio, nessun ripensamento. Sulla Carta del docente i giudici hanno solo una certezza: deve essere fornita annualmente anche ai precari. L’ha confermato anche la IV sezione Lavoro del Tribunale di Roma, che ha condannato l’amministrazione a risarcire con 2.000 euro, più interessi, una insegnante che tra il 2020 e il 2024 ha svolto l’attività obbligatoria di formazione professionale a proprie spese.

Nella sentenza, il giudice del Tribunale romano ha spiegato che “la querelle interpretativa è stata di recente composta della Corte di Cassazione, che nella pronuncia n. 29961 del 27 ottobre 2023 ha affermato il principio che: “La Carta Docente di cui all’art. 1, comma 121, L. 107/2015 spetta ai docenti non di ruolo che ricevano incarichi annuali fino al 31.8, ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 124 del 1999 o incarichi per docenza fino al termine delle attività di didattiche, ovverosia fino al 30.6, ai sensi dell’art. 4, comma secondo, della L. n. 124 del 1999, senza che rilevi l’omessa presentazione, a suo tempo, di una domanda in tal senso diretta al Ministero”.

Sempre il giudice del lavoro ha puntualizzato che “si tratta di una conclusione pienamente condivisa dal decidente, poiché poggia su un ragionamento coerente e lineare, che muove da una matrice eurounitaria e, alla stregua di una compiuta ricostruzione della normativa interna, perviene alla disapplicazione della norma interna contrastante con quella europea. Giova premettere, sul piano ricostruttivo generale, che l’aggiornamento professionale del corpo docente rappresenta un diritto/dovere per tutti gli insegnanti, come stabilito, in via generale, dall’art. 282, comma 1, del d. lgs. n. 297/1994 e dagli art. 63 e 64 del C.N.N.L. di comparto”.

Nella sentenza del Tribunale di Roma si spiega anche che “il diritto/dovere formativo proclamato e ribadito dalle norme citate riguarda non solo il personale di ruolo, ma anche i precari, non essendovi nessuna distinzione in tal senso nella normativa citata, come ribadito in modo chiaro anche nella pronuncia del Consiglio di Stato, sez. VII, 16 marzo 2022, n. 1842, nella quale è stata sottolineata l’esigenza di formazione dell’intero corpo docente, di ruolo e non, necessaria per l’erogazione del servizio scolastico”.

Il giudice del lavoro ha quindi osservato che anche il diritto europeo “esclude in generale e in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicché la stessa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l’obbligo di applicare il diritto dell’Unione e di tutelare i diritti che quest’ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (v. Cass. 28 novembre 2019, n. 31149, con richiamo a Corte di Giustizia 8 novembre 2011”. Infine, lo stesso giudice del lavoro ha citato “la Corte costituzionale”, per la quale “si è in presenza di una violazione dell’art. 3 Cost. (principio di uguaglianza) solo “qualora situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso e non quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non assimilabili” (ex plurimis, Corte Costituzionale 24 luglio 2023, n. 161, con richiamo ad altri precedenti”.


Marcello Pacifico, presidente nazionale del sindacato autonomo Anief, non può non sottolineare che “quanto espresso un anno fa dalla Corte di Cassazione risulta ancora una volta prioritario rispetto ad altre risposte giudiziarie dei singoli tribunali del lavoro, come pure quello che hanno evidenziato in precedenza dalla Corte di Giustizia Europea e ancora prima dal Consiglio di Stato. In tale contesto, presentare ricorso gratuito attraverso il sindacato Anief per recuperare la Carte del docente costituisce la fine di una potenziale o esplicita discriminazione verso oltre 200mila docenti precari della scuola pubblica italiana”.

LE CONCLUSIONI DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DEL LAVORO DI ROMA

P.Q.M.

Lette le note di discussione scritta ex art. 127 ter c.p.c., definitivamente pronunciando, nella contumacia del Ministero dell’istruzione e del merito, qui dichiarata, accerta e dichiara il diritto di parte ricorrente a usufruire del beneficio economico di € 500 annui tramite la carta elettronica del docente di cui all’articolo 1, commi 121 e ss., della legge n. 107/2015, per gli anni scolastici 2020/2021, 2021/2022, 2022/2023 e 2023/2024 e, per l’effetto, condanna il Ministero dell’istruzione e del merito a provvedere in tal senso, oltre interessi o rivalutazione, ai sensi dell’art. 22, comma 36, della legge n. 724 del 1994, dalla data del diritto all’accredito alla concreta attribuzione. Condanna, altresì, il Ministero dell’istruzione e del merito alla refusione delle spese di lite, che liquida in complessivi € 1.338, oltre rimborso forfettario spese generali, i.v.a. e c.p.a., come per legge, da distrarsi in favore dei procuratori antistatari.


di LA REDAZIONE


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