Ianes, Nuove Indicazioni Nazionali: "Emerge l'idea di una scuola che guarda al passato con paura, non al futuro con fiducia. Non c’è traccia del nuovo PEI, non si parla degli insegnanti di sostegno"
- La Redazione
- 2 giorni fa
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"Le nuove Indicazioni, invece, mostrano una visione chiusa, sulla difensiva, con un bisogno di controllo e disciplina che tradisce una forte sfiducia verso gli alunni, gli insegnanti..."

Le Nuove Indicazioni Nazionali 2025 per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione hanno suscitato molteplici riflessioni critiche. A tal proposito Dario Ianes, professore di Pedagogia e Didattica Speciale alla Libera Università di Bolzano, psicologo dell’educazione e co-fondatore del Centro Studi Erickson, ha manifestato sin da subito una forte preoccupazione in relazione ad un documento che mette in evidenza "una scuola che guarda al passato con paura, non al futuro con fiducia" ed ha colto l'occasione, assieme ad altri 17 esperti, insegnanti e studiosi, per redigere il volume "Credere Obbedire Insegnare", attraverso il quale analizzare più dettagliatamente le Nuove Indicazioni Nazionali 2025.
Tramite un'intervista rilasciata dal Professore al Magazine "Vanity Fair" possiamo sicuramente comprendere meglio alcuni aspetti degni di nota.
La domanda rivolta a Dario Ianes è la seguente: "Qual è l’idea di scuola che emerge dalle nuove Indicazioni nazionali? E in cosa si discosta da quella del 2012?"
«L’idea che emerge è una scuola che guarda al passato con paura, non al futuro con fiducia. Le Indicazioni del 2012 avevano un impianto culturale aperto, multidisciplinare, transdisciplinare, attento alla complessità dei saperi e alla multiculturalità. Le nuove Indicazioni, invece, mostrano una visione chiusa, sulla difensiva, con un bisogno di controllo e disciplina che tradisce una forte sfiducia verso gli alunni, gli insegnanti, la libertà didattica. È una scuola del sospetto, non della crescita. Il documento è dominato da una prudenza che paralizza, e da un paternalismo che tende a normalizzare tutto ciò che è diverso», questa la risposta del Professore.
"Cosa la preoccupa di più?", questo l'altro quesito rivolto ad uno tra i massimi esperti italiani in tema di inclusione scolastica.
«Il ritorno a una scuola trasmissiva, disciplinare, che ha paura del pensiero critico. Una scuola che teme il corpo dei ragazzi, la loro affettività, le emozioni, le relazioni. Che teme l’altro, le altre culture, e ripiega su un’identità nazionale idealizzata. L’approccio delle Indicazioni alla storia è emblematico: non più analisi critica delle fonti, ma storielle edificanti come il sacrificio di Muzio Scevola o La piccola vedetta lombarda. La parte che riguarda la storia è un obbrobrio epistemologico. D’altra parte, nell’incipit del paragrafo, si legge: “Solo l’Occidente conosce la Storia”», così esprime il suo pensiero Dario Ianes.
Ulteriore interrogativo posto al co-fondatore del Centro Studi Erickson è il seguente:
"E come vengono trattate le diversità degli alunni?"
«Con un approccio miope. Non c’è traccia del nuovo Piano educativo individualizzato (PEI), non si parla degli insegnanti di sostegno, che sono più di 300 mila. Non si menzionano le figure educative che ogni giorno rendono possibile l’inclusione. E manca completamente il riconoscimento della pluralità delle differenze: non solo disabilità, ma anche plusdotazione, stili cognitivi, contesti socioculturali. È un arretramento culturale. Paradossalmente, il testo del 2012 era più moderno», queste le significative parole dell'esperto.
Nell'ipotesi in cui queste Indicazioni non venissero contestate, allora la scuola che rischiamo di costruire è «una scuola autoritaria, chiusa, dove l’obbedienza viene premiata più della creatività. Dove l’insegnante è visto come un controllore, non come un facilitatore. Dove il ragazzo con disabilità o bisogni educativi speciali non trova più spazio per esprimersi».
"Lei ha dedicato la sua vita all’inclusione. Che scuola sogna?": ecco l'ultima domanda indirizzata al Professore di Pedagogia e Didattica Speciale alla Libera Università di Bolzano.
«Una scuola dove ogni bambino si senta accolto, ascoltato, valorizzato. Dove l’edilizia sia dignitosa – anche i bagni contano, anzi, sono la cartina tornasole delle condizioni della scuola – dove i docenti siano ben formati e ben pagati. Dove il reclutamento sia serio, e non improvvisato. Dove ci sia tempo per costruire relazioni», in tal modo espone il suo punto di vista Dario Ianes.
di VALENTINA TROPEA
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