Attraverso un'analisi chiara e dettagliata Ianes ci parla di un scivolamento dell'inclusione scolastica, sottolineando come circa il 30% dei docenti di sostegno abbia ricoperto questo incarico senza...
Il quarto numero del 2024 di "Scuola e formazione web", la rivista trimestrale della CISL Scuola, pone l'accento sull'Inclusione e di rilevante importanza appare proprio l'intervento di Dario Ianes, docente ordinario di Pedagogia speciale e dell'inclusione presso l'Università di Bolzano, psicologo dell’educazione e co-fondatore del Centro Studi Erickson.
Attraverso un'analisi chiara e dettagliata Ianes ci parla di un scivolamento dell'inclusione scolastica, sottolineando come circa il 30% dei docenti di sostegno abbia ricoperto questo incarico senza titolo di specializzazione.
Scivolamento ulteriormente aggravato recentemente dal doppio canale per la specializzazione sul sostegno inventato dal Ministro Valditara.
Ecco il significativo intervento di Dario Ianes:
"L’inclusione scolastica (che non è cosa semplice) arretra nelle nostre scuole, gravata dal peso sempre crescente della complessità reale delle classi, della fatica dei docenti, del disinvestimento governativo, dei disagi post-Covid, del clima culturale autoritario del Governo.
L’inclusione scivola ancora un po' più in basso per il 30% dei docenti di sostegno che hanno ricoperto questo incarico senza titolo di specializzazione, oltre il 40% al Nord.
L’inclusione perde terreno anche per la confusione normativa e i ritardi legislativi e amministrativi del MIM. L’inclusione perde continuamente qualità anche per la mancanza politica di una visione evolutiva dell’inclusione stessa, che è ben di più di una buona integrazione scolastica degli alunni/e con disabilità (peraltro anche questa non sempre e dovunque garantita…), ma è convivenza rispettosa di tutte le differenze di tutti gli alunni/e.
Questo costante scivolamento in basso è lubrificato dal “pensiero” inclusioscettico dei vari Galli della Loggia, Ricolfi, Mastrocola, Vannacci, che parlano agli scontenti, affaticati e delusi (che ci sono…) sostenendo, in assoluta ignoranza dei dati della ricerca italiana e internazionale, che l’inclusione rallenta l’apprendimento della classe e non è la scelta migliore per gli stessi alunni/e con disabilità. Queste opinioni in libertà non possono essere derubricate semplicemente come parole dal sen fuggite, sono invece una pericolosa legittimazione della pensabilità di un sistema separato.
L’ultimo scivolamento avviene recentemente, quando Valditara si inventa un doppio canale per la specializzazione sul sostegno. Accanto, infatti, ai sudati ed onerosi TFA delle università si apre, attraverso INDIRE e le altre università telematiche, la possibilità di dare il titolo di specializzazione a chi lo ha “conseguito” all’estero e a chi ha lavorato per tre anni sul sostegno. Si tratta chiaramente di una sanatoria, per poter dotare di un titolo migliaia di docenti che ne sono privi e mi pare inequivocabile lo schiaffo ai TFA dei vari atenei italiani, che in questi anni si sono impegnati (chi più e chi meno) nel formare i docenti di sostegno. Lo schiaffo si diffonde poi ovviamente ai corsisti, che hanno fatto prove di ammissione e pagato tasse salate, oltre a frequentare corsi e laboratori, tirocini, ecc. Si rallegreranno le università straniere, che vedranno riconosciuto lo sforzo dei docenti emigrati (sforzo anche economico, oltre che di studio; un dato tra i tanti: presso le “università statali spagnole” con modici 3.980 euro tutto compreso ci si potrà specializzare) e le nostre attivissime università telematiche.
Si rallegreranno i docenti precari non specializzati che vedranno riconosciuta l’esperienza raccolta sul campo nei tre anni di lavoro, che per loro avrà reso superfluo il TFA. Si rallegreranno le associazioni dei familiari, che continuano ad invocare la qualità e la formazione dei docenti di sostegno, talvolta criticando la pochezza dei TFA delle università, e adesso si dovranno ingoiare il rospo di questa sanatoria?
Un possibile, anche se parziale, rimedio a questa crisi della scuola inclusiva, potrebbe essere la cosiddetta “cattedra inclusiva”, esperienza realizzata in alcune scuole da più di dieci anni sotto il nome di “cattedra mista”. A fine gennaio , a Roma, nello spazio europeo “Davide Sassoli”, un gruppo di esperti di inclusione scolastica (Iosa, Nutini, Chiocca, Ianes, Fazio, Striano, Fasce) ha presentato una proposta di legge sulla “cattedra inclusiva”, che prevede due “ibridazioni” importanti: il docente di sostegno farà anche ore di insegnamento curricolari alla classe nella sua materia e, simmetricamente, il docente curricolare farà anche ore di sostegno, nella sua o in altre classi. Questa proposta di legge prevede anche iniziative di formazione degli insegnanti curricolari e strutture stabili di supporto pedagogico a livello di scuola e di territorio. Ma qual è il senso pedagogico e politico di questa proposta? Due scenari rendono urgente e indifferibile una rigenerazione delle politiche e delle pratiche inclusive nella nostra scuola. Un primo scenario, come già anticipato, è quello ormai cronico e strutturale della crisi del “sistema sostegno”: come ogni anno l’Istat certifica vari aspetti di questa crisi. Dei 228.000 insegnanti di sostegno oggi il 30% non ha il titolo di specializzazione ( il 42% al Nord, 15% nel Mezzogiorno), le Università non riescono a specializzare un numero sufficiente di insegnanti, si cronicizzano le situazioni di delega degli alunni/e con disabilità al solo insegnante di sostegno e di microesclusione nelle aulette di sostegno.
L’altro scenario è quello dell’inclusioscetticismo che si sta facendo sempre più preoccupante ed è stato sdoganato da interventi pubblici, sulla scia delle posizioni politiche dell’ultradestra tedesca, che hanno dato voce a quegli insegnanti che non credono nell’inclusione o che non la vivono come possibile nella nostra scuola.
A queste reali e quotidiane difficoltà di realizzare una buona inclusione cerca di dare un contributo concreto la cattedra inclusiva, perché mescola virtuosamente due competenze. Da un lato l’insegnante curricolare porta la sua competenza didattica “ordinaria” verso attività di sostegno non più intese come attività speciali, dedicate solo all’alunno/a speciale, ma come didattica per tutti/e più inclusiva, differenziata, universale, personalizzabile strutturalmente. Dall’altro lato l’insegnante di sostegno porta la sua attenzione e competenza specifica sulle modalità di apprendimento nelle situazioni difficili nella didattica ordinaria, curricolare per tutto il gruppo classe, facendola diventare più efficace e più inclusiva.
Questa modalità di mescolare parti curricolari e parti di sostegno nelle cattedre è ormai prassi sperimentata da almeno una decina di anni in varie scuole del nostro Paese (si vedano ad esempio le esperienze della rete delle scuole senza zaino, solo per citarne alcune…), sia a livello di scuola primaria sia secondaria, anche se ovviamente nella secondaria la complessità di questa organizzazione aumenta. Tra i motivi degli esiti positivi riscontrati dalle esperienze di cattedra inclusiva finora realizzati non vanno sottovalutate due ricadute cruciali: l’insegnante di sostegno si sente (ed è realmente) maggiormente valorizzato rispetto ai colleghi, alle famiglie e agli studenti/esse e gli insegnanti curricolari si sentono maggiormente corresponsabilizzati e coinvolti in una “funzione sostegno” che contribuiscono a diffondere nella didattica ordinaria, facendola uscire dalla separazione specialistica delle aulette di sostegno e dal rapporto individuale (talvolta ben poco inclusivo) tra insegnante di sostegno speciale ed alunno/a altrettanto speciale. Questo binomio “speciale-speciale” è ormai un ostacolo chiarissimo allo sviluppo di una scuola inclusiva.
La cattedra inclusiva, nel sondaggio Erickson dell’autunno 2023 su 3150 insegnanti, ha riscosso un consenso tra i curricolari del 74% e tra gli insegnanti di sostegno dell’81% (nella primaria mediamente l’82% e nella secondaria il 74%). Forse la scuola italiana è pronta a un’evoluzione qualitativa che la farebbe avvicinare ad un ideale di scuola maggiormente inclusiva?".
di VALENTINA TROPEA