Le nuove tecnologie garantiscono, illusoriamente, il dominio o il controllo delle persone e degli eventi , indebolendo le nostre capacità interiori di gestire ansie e...
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I mezzi di comunicazione a nostra disposizione, in una società nella quale la tecnologia sembra aver trovato terreno fertile, appaiono davvero molteplici, eppure la nostra libertà diminuisce progressivamente, un po' come se non si fosse più capaci di distinguere la realtà dall'apparenza, dimenticando la propria essenza e privandosi di una propria identità.
A tal fine il filosofo, saggista e psicoanalista Umberto Galimberti, attraverso una disamina significativa e mai scontata, pone l'accento sul come le nostre emozioni ed i nostri sentimenti abbiamo mutato la loro forma con l'avvento delle nuove tecnologie. "Come i bambini cominciano a padroneggiare la realtà e a instaurare relazioni affettive tramite gli orsacchiotti e i giocattoli preferiti, così sembra che noi adulti non siamo più capaci di abitare il mondo e di garantirci le relazioni affettive senza quel tramite che è il cellulare, il computer portatile o il tablet, in nulla dissimili dall'orsacchiotto o dal giocattolo preferito del bambino", queste la parole del filosofo Umberto Galimberti.
Le nuove tecnologie determinano, quindi, una progressiva infantilizzazione di tutti noi e della società in cui viviamo.
Il cellulare, in primis, diviene un regolatore e un moderatore dell'angoscia di separazione. "Se non riceviamo la telefonata che con ansia attendiamo, ci mettiamo noi a telefonare, a chattare, a scrivere mail, non perché abbiamo davvero qualcosa da dire, ma per soddisfare un bisogno di sicurezza incrinato, da ricostruire con contatti continui, per non dire compulsivi", così come ci spiega dettagliatamente il filosofo.
Le nuove tecnologie garantiscono, illusoriamente, il dominio o il controllo delle persone e degli eventi , indebolendo le nostre capacità interiori di gestire ansie e conflitti, sulla base di una sorta di illusione di onnipotenza. Tali nuovi dispositivi digitali determinano un controllo paranoico e le verifiche sulla vita delle persone che ci interessano diventano sempre più frequenti.
"In nome dell'amore ci trasformiamo in investigatori privati che in ogni momento vogliono sapere dove si trova il compagno, la compagna, la moglie, il marito, la figlia, il figlio, sempre che essi ci raccontino la verità quando li raggiungiamo con il cellulare, e a condizione di essere abbastanza abili a captare alcuni segnali, i rumori di fondo, le voci d'attorno, e ora anche le immagini, che ci possono fornire utili indizi per alimentare la nostra ansia o garantire la nostra quiete", continua in tal modo la sua disamina Galimberti.
Ciò trasforma il cellulare in una spina che tiene legati al mondo coloro che non riescono a farne a meno così che ognuno di noi cominci a perdere il suo mondo interiore.
"Infatti non sanno più cos'è il silenzio, che è poi l'unica condizione di cui disponiamo per entrare in comunicazione con noi stessi e quindi in qualche modo per conoscerci. Non sanno più cos'è l'attesa, con il carico di emozioni che comporta, e quel tanto di imprevisto che colora di sorpresa la nostra quotidianità", queste le parole del filosofo.
Ciò determina una progressiva perdita di libertà, non disponendo più del tempo necessario per riflettere, per stare da soli, impoverendo la nostra interiorità.
Ecco allora l'importanza per ognuno di noi di recuperare la sua libertà, imparando a conoscersi, ad ascoltarsi fino in fondo, riservandosi del tempo per essere felici e realizzare se stessi senza mettersi in mostra, avendo contezza delle proprie passioni e dei propri sogni, senza esteriorizzare la propria intimità, ma custodendo gelosamente la propria essenza, non omologandosi ma riappropriandosi di una propria identità, riscoprendo il valore delle emozioni e dei sentimenti, cuore pulsante di tutte le relazioni interpersonali.
di VALENTINA TROPEA