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Galimberti: “I professori occupano una cattedra, palcoscenico dove non bisogna sedurre ma dove essere strumento per far si che la cultura diventi seduttiva”

Un buon maestro è colui in grado di trasmettere non solo il sapere, ribadisce Galimberti, ma anche la voglia di studiare…

In un’epoca nella quale sembra non ci sia troppo spazio o attenzione quando si parla di istruzione, cultura, meritocrazia, è sempre importante riflettere sulla funzione imprescindibile svolta dalla scuola, alla luce dei bisogni e delle necessità dei giovanissimi.

Uno sguardo attento ed una riflessione accurata a tal proposito ci è fornita proprio da Umberto Galimberti, filosofo, saggista e psicoanalista.

Galimberti si sofferma sulla differenza esistente tra educazione ed istruzione.

L’istruzione è un passaggio di informazioni da parte di chi le possiede a chi non le possiede; l’educazione è una cura degli aspetti pulsionali, emotivi, sentimentali”, sottolinea il filosofo.

Questa differenza è molto importante perché l’uomo, a differenza degli animali, non è regolato da istinti.

Gli istinti sono risposte rigide agli stimoli e gli uomini non hanno istinti. Se gli uomini non hanno istinti ma pulsioni a meta indeterminata, allora occorre l’educazione.

A tal proposito Galimberti fa riferimento alle varie fasi di crescita di ciascun soggetto, sottolineando come i ragazzi vadano a scuola all’età di sei anni, dopo aver trascorso del tempo con la famiglia.

Lo stesso Freud affermava che i ragazzi nei primi sei anni di vita costruiscono definitivamente le loro mappe cognitive ed emotive.

Le neuroscienze, addirittura, affermano che tali mappe cognitive ed emotive si formino nei primi tre anni di vita.

Quindi è necessario che la funzione educativa svolta da genitori ed insegnanti abbia come punto di riferimento questi giovani ragazzi: bisogna seguirli sin da bambini, occorre curarli, accudirli nei loro passaggi, lodarli quando compiono delle buone azioni e metterli in guardia quando sbagliano così da avere una mappa che possa aiutarli a crescere.

Spesso però i genitori, presi da mille impegni e preoccupazioni, sembrano non considerare tali aspetti e finiscono con il trascurare i loro figli; al contempo però vogliono farsi perdonare e cercano di colmare le loro lacune con tanti regali.

“Così si uccide il desiderio che è la molla della vita”, sottolinea Galimberti ed allora non bisogna meravigliarsi quando ci si ritrova dinanzi a generazioni apatiche, indifferenti, incapaci di provare emozioni, perché le radici risalgono proprio in tali atteggiamenti.

Durante la fase delle elementari gli insegnanti svolgono un ruolo educativo molto importante, c’è ancora un’attenzione all’educazione; la situazione si modifica poi alle scuole medie ed alle scuole superiori.

L’errore che molti genitori commettono è proprio quello di esprimere pareri negativi sugli insegnanti davanti ai loro figli nei primi anni di vita e ciò è profondamente sbagliato perché quel ragazzo, che si ritrova a comprendere cosa sia la differenziazione affettiva, non instaurando più una relazione solo con il padre o la madre, ma anche con un insegnante, si sente disorientato e si radica nella sua persona una sorta di sfiducia.

“Bisogna seguire i ragazzi e portarli dal livello pulsionale al livello emotivo e dal livello emotivo al livello sentimentale”, così ribadisce Galimberti.

Si tratta delle tre tappe in cui si articola l’istruzione.

C’è chi si ferma alle pulsioni, che si esprimono con i gesti. Chi si esprime con i gesti è un bullo. In tali casi la scuola, alle prese con fenomeni di bullismo, tende alle volte a sospendere i bulli. In realtà bisognerebbe non sospenderli ma farli rimanere a scuola, così da giungere ad una consapevolezza emotiva: occorre che questi ragazzi arrivino ad avere una risonanza emotiva dei propri comportamenti.



Le nuove generazioni devono imparare cosa siano i sentimenti e soprattutto devono aver contezza delle conseguenze delle loro azioni.

E solo attraverso la letteratura, sostiene Galimberti, si può insegnare cos’è l’amore, il coraggio, la sconfitta, la sofferenza. Occorre quindi riempire la scuola di letteratura e non di computer.

Il filosofo, saggista e psicoanalista si sofferma poi sul ruolo e sulla funzione educativa svolta dagli insegnanti.

A tal fine sarebbe necessaria una riforma della scuola che consenta la selezione degli insegnanti stessi sulla base di un test di personalità: una selezione che si basi sulla capacità di instaurare una relazione empatica con gli studenti.

Un buon maestro è colui in grado di trasmettere non solo il sapere, ribadisce Galimberti, ma anche la voglia di studiare.

“I professori occupano una cattedra e la cattedra è un palcoscenico dove non devi essere tu a sedurre ma devi essere uno strumento in modo che la cultura diventi seduttiva”, queste le parole del filosofo.

Ecco allora l’importanza e la necessità di soffermarsi su di un aspetto imprescindibile: bisogna selezionare gli insegnanti in base alle loro capacità, alla loro idoneità a svolgere un mestiere che in realtà non è un mestiere ma una vocazione, perché in realtà si tratta di una passione interna, non qualcosa che si ha ma qualcosa che si è.

Gli insegnanti, carismatici ed autorevoli, devono essere in grado di carpire la differenza delle intelligenze. Ognuno di noi ha un’intelligenza personalizzata; esistono vari tipi di intelligenza: emotiva, musicale, linguistica, fisica. La capacità dell’insegnante è quella di carpire l’intelligenza di ogni studente, partire da lì per poi giungere all’intelligenza logico- matematica.

Un buon insegnante, attraverso una relazione empatica, riesce ad instaurare un rapporto speciale con i propri allievi senza però perdere la sua autorevolezza ed il suo carisma: si tratta di un rapporto unico che richiede premura, attenzione, sensibilità ed una grandissima attitudine all’ascolto.


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di VALENTINA TROPEA




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