Marcello Pacifico: "gli stipendi degli insegnanti e del personale Ata sono sempre più indietro rispetto a quanto corre l’inflazione. Non basta il 6% di indennità di vacanza contrattuale accordata dal governo per coprire il -18,8% di costo vita che si è venuto a determinare nell’ultimo biennio"
Non dovrebbe essere lontana la firma definitiva che Aran e sindacati apporranno al Contratto collettivo nazionale di Istruzione, Università e Ricerca 2019/21 sul quale a luglio si era raggiunto l’accordo quasi all’unanimità: considerando la parte finale economica, il contratto si chiuderà con “aumenti salariali medi mensili di 124 euro per i docenti, e di 190 euro per i Direttori dei servizi generali e amministrativi”. Si tratta di un incremento che copre l’inflazione di quel triennio, ma non certo il gap accumulato negli anni precedenti. E, soprattutto, non basta il 6% di indennità di vacanza contrattuale accordata dal governo per coprire il -18,8% di costo vita che si è venuto a determinare nell’ultimo biennio e che da ieri è stata accordata ad oltre un milione di lavoratori della scuola con lo stesso cedolino stipendiale di dicembre, sempre in attesa del rinnovo contrattuale 2022/24 che però ad oggi risulta assai lontana per mancanza di fondi.
“La realtà – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è che gli stipendi degli insegnanti e del personale Ata sono sempre più indietro rispetto a quanto corre l’inflazione. Se si guarda al 2008 e a oggi, sempre tenendo come riferimento il costo della vita, questi dipendenti pubblici sono sempre più poveri. La conseguenza è che servirebbero oltre 25 miliardi di euro per allineare gli stipendi; se poi si decidesse di pagare anche per gli arretrati si arriverebbe forse a 40 miliardi. Non stiamo esagerando, perché è il risultato della mancata attenzione dei governi che si sono succeduti negli ultimi 15 anni, duranti i quali la Costituzione per chi opera nel pubblico impiego è stata sistematicamente violata”.
Dai calcoli prodotti dall’Ufficio Studi dell’Anief risulta che tra il Contratto collettivo nazionale sottoscritto per il periodo 2016/2018 ha prodotto un incremento del 3,80% a fronte però di una inflazione del 14,5%, con un disavanzo quindi del 10,70%. Quello successivo, il CCNL 2019/2021, il primo contratto nazionale di categoria sottoscritto dall’Anief e sui cui a breve si apporrà la firma definitiva sta producendo un aumento complessivo del 4,22% e va a coprire un periodo, quello della pandemia da Covid, durante il quale il costo della vita si è posizionato al +2,1%, quindi producendo un reale +2,12%. In vista, infine, del prossimo contratto collettivo, sempre dei comparti Istruzione, Università e Ricerca, si sta assegnando una indennità di vacanza contrattuale di circa il 5,8%, però con un’inflazione che nell’ultimo biennio è aumentata di oltre il 16%, pertanto c’è oltre il 10% da recuperare. Ecco perché Anief presenta diffide e ricorsi per recuperare subito almeno 4-5 mila euro di indennità di vacanza contrattuale.
“L’anticipo di indennità vacanza contrattuale – continua Pacifico - in realtà dovrebbe essere comprensivo di almeno altre 4-5.000 euro. E non si comprende perché i precari sono stati lasciati fuori dal pagamento di dicembre 2023. Per questo proponiamo ricorsi specifici per i precari: l’obiettivo è recupere l’una tantum sull’indennità di vacanza contrattuale oggi negata, oltre che a fare partire le procedure di diffida a tutela di tutti gli insegnanti e Ata di ruolo per fargli avere per intero l’indennità di vacanza contrattuale al 50% del tasso di inflazione programmata, con risarcimenti che arrivano a 4-5-00 euro a lavoratore. Tutti i ricorsi vincenti Anief degli ultimi tempi - dalla Carta del docente alla ricostruzione della carriera, delle ferie non godute agli scatti automatici in busta paga – sono di buon auspicio”.
di LA REDAZIONE
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