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Docenti precari, le 500 euro annue diventano un dato di fatto: il Tribunale di Padova risarcisce con 2.000 euro un’insegnante

"Zero dubbi: la Carta del docente va data anche ai precari che abbiano svolto almeno 150 giorni di supplenza per anno scolastico, anche se con contratti “brevi” stipulati dai..."



Zero dubbi: la Carta del docente va data anche ai precari che abbiano svolto almeno 150 giorni di supplenza per anno scolastico, anche se con contratti “brevi” stipulati dai dirigenti scolastici. L’ha detto la Corte di giustizia europea, come pure il nostro Consiglio di Stato e poi anche la Cassazione. Lo scrive il Tribunale di Padova, sollecitato dai legali Anief in difesa di una insegnante entrata di ruolo nel settembre del 2021 ma con un passato da precaria con quattro anni di supplenze tra il 2017 e il giugno del 2021. Il giudice del lavoro ha accordato la richiesta condannando l’amministrazione scolastica a risarcire la docente con 2.000 euro, benché le supplenze non fossero di tipo annuale ma conseguenziali e formate da più contratti a termine di breve periodo stipulati dai dirigenti scolastici.


Il Tribunale di Padova ha ripercorso, nella sentenza, i pareri di alto rango giudiziario espressi negli ultimi anni. Ha ricorda che “la Corte di Giustizia a seguito di domanda pregiudiziale ex art. 267 TFUE, ha ritenuto che “l'indennità di cui al procedimento principale deve essere considerata come rientrante tra le «condizioni di impiego» ai sensi della clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro. Infatti, conformemente all'articolo 1, comma 121, della Legge n. 107/2015, tale indennità è versata al fine di sostenere la formazione continua dei docenti, la quale è obbligatoria tanto per il personale a tempo indeterminato quanto per quello impiegato a tempo determinato presso il Ministero, e di valorizzarne le competenze professionali”.



Quindi, lo stesso giudice ha ricordato che “anche il Consiglio di Stato, nella pronuncia n. 1842 del 16 marzo 2022 ha ritenuto che la scelta ministeriale forgi un sistema di formazione “a doppia trazione”: quella dei docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale, e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l’erogazione della Carta, e quella dei docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà e, dunque, alcun sostegno economico. In particolare, secondo il Consiglio di Stato, “un tale sistema collide con i precetti costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 Cost., sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo (resa palese dalla mancata erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e dargli pari chances rispetto agli altri docenti di aggiornare la loro preparazione), sia, ancor di più, per la lesione del principio di buon andamento della P.A. […] è evidente la non conformità ai canoni di buona amministrazione”.



Infine, nella sentenza di Padova è stato osservato anche che “la Corte di Cassazione, investita della questione in via pregiudiziale, con sentenza n. 29961 del 27 ottobre 2023 ha sottolineato come alla luce della “connessione temporale” esistente tra il diritto alla Carta elettronica e la “didattica annuale”, appare ingiustificata la limitazione del beneficio suddetto ai soli insegnanti di ruolo, con esclusione dei “docenti a tempo determinato che, essendo chiamati a lavorare sul medesimo piano didattico-temporale […] risultano quindi, da ogni punto di vista, comparabili”, ravvisando dunque la necessità di individuare dei criteri sulla base dei quali svolgere tale giudizio di comparazione. A tal fine sono molteplici i parametri di comparabilità in concreto che possono assumere rilevanza orientativa, quale ad esempio il termine di durata di almeno 5 mesi (150 giorni) di prestazione lavorativa nell’anno scolastico, pari all’entità minima della prestazione di un docente di ruolo part-time ai sensi dell’art. 39 comma 4 C.C.N.L. e dell’art. 4.1 O.M. n. 55/1998 (cioè il 50% dell’orario di docenza dell’insegnante full-time), a cui la normativa riconosce il bonus in misura piena”.



Anche Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, rimarca che i pareri emessi “dalla Corte di Giustizia europea, come pure dal Consiglio di Stato e poi dalla Corte Suprema di Cassazione con la sentenza 4090/23, sono una evidente condanna dell’operato del nostro legislatore che con la riforma della Buona Scuola, la Legge 107/2015, ha introdotto la Carta del docente dimenticando il personale precario: è bene che tutti gli attuali supplenti o gli ex precari, come la docente da noi difesa a Padova, presentino ricorso con Anief, così da recuperare in tal modo 500 euro per ogni anno scolastico svolto. Sono altissime le possibilità di riuscita: basta evitare che passi troppo tempo, altrimenti si cade nella trappola della prescrizione”, conclude Pacifico.



LE CONCLUSIONI DELLA SENTENZA DI PADOVA

P.Q.M.

Il giudice, ogni altra istanza rigettata:

- accerta il diritto di parte ricorrente al beneficio di cui all’art. 1 comma 121 Legge n. 107/2015, per ciascun anno scolastico 2017/2018, 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021;

- condanna il Ministero resistente a costituire in favore di parte ricorrente ai sensi degli artt. 2, 5, 6 e 8 del D.P.C.M. del 28 novembre 2016 una Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado di cui all'art. 1 comma 121 Legge n. 107/2015, con le medesime modalità con cui è riconosciuta al personale assunto a tempo indeterminato, con accredito sulla detta Carta della somma pari a € 500,00 per ciascun anno scolastico 2017/2018, 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021;

- condanna il Ministero resistente al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese di lite, che liquida in € 1.100,00 per compenso, oltre 15% per spese generali, I.V.A. e C.P.A., con distrazione a favore dei procuratori antistatari.

Padova, 2.5.2024

Il Giudice



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