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Docenti e ATA:STIPENDI IPER-TASSATI e SOTTO di OLTRE 4mila euro rispetto alla media PA-UE.ANIEF non arretra sull'AUMENTO DEGLI STIPENDI perché i lavoratori della scuola non sono impiegati di serie B

"Sull’aumento degli stipendi del personale scolastico il sindacato Anief non arretra: c’è un gap troppo grande rispetto agli... "


“Sull’aumento degli stipendi del personale scolastico il sindacato Anief non arretra: c’è un gap troppo grande rispetto agli altri impiegati pubblici, addirittura di 6.000 euro l’anno rispetto ai dipendenti delle Funzioni Centrali e oltre 4.000 quattro mila se si confronta quello di docenti e Ata con la media della PA.


Sono distanze abissali che relegano i lavoratori della scuola al ruolo di impiegati pure di serie B”.

Lo dichiara oggi Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, a pochi giorni dalla ripresa del confronto tra l’Aran e le organizzazioni sindacali rappresentative per la definizione del Contratto collettivo di lavoro nazionale del personale Istruzione e Ricerca relativo al triennio 2022-2024.



La posizione dell’Anief, che dal rinnovo delle Rsu di metà aprile sembra uscire rafforzato in termini di rappresentatività, rimane tra quelle espresse il 26 marzo scorso, al termine dell’ultimo confronto con la parte pubblica: per recuperare la sensibile perdita di potere di acquisto dei salari del personale della scuola, crollata di quasi 18 punti percentuali nell’ultimo difficile triennio, il giovane sindacato ha chiesto e continuerà a chiedere ulteriori risorse per recuperare il gap retributivo rispetto al resto della PA, a seguito dello sciagurato rinnovo contrattuale del 2018: dopo quel Ccnl i dipendenti delle Funzioni centrarli sono arrivati a prendere ogni anno fino a 6.000 euro in più rispetto al personale scolastico. Mentre prima di quel contratto erano in media docenti e personale Ata a guadagnare 1.000 euro in più.



La differenza di trattamento economico è altrettanto evidente anche quando si guarda fuori dell’Italia: l’ultimo studio condotto dall’Eurostat ha esaminato il potere d’acquisto nei Paesi europei nel 2023, con un focus sugli stipendi reali, evidenziano come il nostro paese si posizioni agli ultimi posti tra le grandi economie dell’Ocse. L’analisi dell’Eurostat si basa sul Purchasing Power Standard (PPS), un’unità di misura artificiale che consente di confrontare il valore reale dei redditi tra diversi Paesi, neutralizzando le differenze di prezzo: in pratica, il PPS rappresenta una sorta di moneta virtuale, con la quale, in teoria, si potrebbe acquistare la stessa quantità di beni e servizi in ogni nazione.


Confrontando l’Italia con Francia, Germania e Spagna, emerge che il nostro Paese registra stipendi più bassi a parità di costo della vita. Secondo gli economisti, nel 2023 il reddito netto medio di un single senza figli nell’Unione Europea è stato pari a 27.500 PPS, mentre in Italia si è fermato a 24.000 PPS, segnando un divario del 15% rispetto alla media europea.

Di fatto, assistiamo in Italia ad un ampio scarto tra stipendi e spese quotidiane, che portano ad una condizione di scarso potere d’acquisto, perché i salari risultano meno competitivi rispetto ai prezzi di beni e servizi. Sotto accusa anche il livello di tassazione. Secondo il dossier, infatti, in Italia un aumento dello stipendio lordo può persino tradursi in una riduzione del reddito netto, evidenziando il peso del sistema fiscale sulla capacità di spesa dei lavoratori.



“Considerando che il disavanzo Italia-Ue si riferisce alle medie di tutti i comparti e che la scuola è in ritardi di almeno 4.000 euro dagli altri settori pubblici – commenta ancora il presidente Marcello Pacifico – è evidente che per il personale della scuola il quadro è pessimo. Per docenti e Ata, bassi stipendi e ridotto potere d’acquisto ed elevata tassazione, sono delle caratteristiche particolarmente amplificate: basti guardare, a titolo di esempio, quanti soldi netti arrivano ai tanti dipendenti insegnanti e Ata impegnati nei progetti Pnrr, visto che ben oltre la metà vengono assorbiti tra tasse e trattenute di vario genere. In questo quadro desolante, dunque, non possiamo reputare soddisfacenti i 62 euro lordi medi di aumenti prospettati per il rinnovo contrattuale 2022-24”.


“Siamo convinti che debbano aumentare seguendo le proposte che abbiamo presentato al tavolo: parliamo del fondo per la formazione continua, destinato ad esempio alla costituzione del middle management, e di quello per la continuità del servizio scolastico e didattico, che potrebbe finanziare l’indennità di trasferta. Come crediamo sia giunto il momento di rimettere alla contrattazione integrativa parte del fondo Mof ai buoni pasto, come già avvenuto nel precedente Ccnl per la formazione, di utilizzare i risparmi derivanti dal dimensionamento scolastico per rafforzare le indennità dei Dsga. Oltre che di impiegare le economie generate dalle ex progressioni economiche per migliorare le retribuzioni del personale amministrativo, tecnico e ausiliario”.


Il giovane sindacato continuerà a combattere per la parità dei diritti: “Dobbiamo assolutamente – spiega ancora il presidente Marcello Pacifico - riuscire a trovare delle risorse da assegnare ai lavoratori più fragili e meno tutelati, a partire dai precari. Certamente, per fare questo c’è bisogno della volontà politica. Ricordiamo però anche che una sentenza della Corte di Cassazione del 7 marzo scorso ha decretata illegittima l’abolizione del primo gradone stipendiale”.

Anief ricorda, infine, che in caso di firma del Ccnl 2022-2024, sarà a seguire possibile aprire nuove trattative già a partire da quella relativa al triennio 2025-2027, con la possibilità di ulteriori 150 euro di aumenti. E poi anche per il successivo triennio 2028-2030, con altri 150 euro sempre lordi e medi.

“Parliamo – conclude Marcello Pacifico – di un potenziale incremento totale di 450 euro lordi mensili entro il 2030, ma ovviamente tutto dipende dalla volontà politica di garantire le risorse necessarie nei prossimi anni, rispetto al prossimo aumento dell’inflazione”.



di LA REDAZIONE



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