Gli insegnanti dovrebbero svolgere la loro funzione con passione e determinazione, proprio perché solo in tal modo i giovanissimi riusciranno a...
“Abbiamo fatto finta di non sapere che la vera ricerca della felicità attraversa quella dell’autenticità e della sobrietà. Tendere alla felicità implica una grande pretesa e cioè quella di vivere emozioni vere”.
E così molti genitori ai figli e molti insegnanti agli allievi hanno trasmesso la percezione che “le grandi emozioni siano pericolose, sabbie mobili dove è rischioso avventurarsi”, ribadisce lo psichiatra a gran voce.
Si prediligono la mediocrità e la banalità e non una bell’anima inquieta ed inquietante.
La cosa però più grave, sottolinea Crepet con grande determinazione, è che “sempre più l’educare appare disgiunto dall’emozionare”.
Nell’ambito della scuola una forma di comunicazione affettiva sembra essere sempre più lontana dal comune sentire, i legami affettivi appaiono controproducenti per l’apprendimento.
Ed allora ecco che ci si chiede come sia possibile educare senza una relazione, come si possa instaurare un rapporto con un bimbo senza alcuna comunicazione emotiva.
Gli insegnanti dovrebbero svolgere la loro funzione con passione e determinazione, proprio perché solo in tal modo i giovanissimi riusciranno a comprendere fino in fondo cosa significhi sentire le emozioni e ricercarle da adulti.
“Emozionare significa catalizzare le capacità, aiuta a far emergere il talento espressivo di un bambino o di un adolescente. Ogni progetto educativo dovrebbe tenere conto di questo semplice principio”, così dichiara Crepet senza indugio.
Tuttavia, i giovani sembrano aver perduto la dimensione del viaggio, non sembrano sentire l’esigenza di un’evasione vera: paradossalmente proprio loro che, come nessun’altra generazione precedente, possiedono mezzi di trasporto e finanziari per muoversi, in realtà manifestano una grande difficoltà all’idea di andare avanti, avendo paura di perdersi.
Si tratta di giovani che preferiscono immaginare il mondo più che conoscerlo.
Ciò determina un’attitudine a vivere la propria esistenza non con i propri occhi ma con quelli degli altri, filtrando le emozioni, tralasciando la passione nelle proprie azioni, continuando a percorrere il proprio cammino senza prefissarsi delle mete o degli obiettivi da perseguire ma solamente vagando senza valorizzare il percorso più che il traguardo: in tale prospettiva sembra difficile colmare quel vuoto esistenziale che tanti ragazzi si portano dentro e che tende a logorare le loro anime giorno dopo giorno, non riuscendo a vivere in prospettiva, all’insegna di un futuro da plasmare con le proprie mani e con il proprio impegno.
Occorre, quindi, riaccendere la speranza nei giovanissimi, trasmettendo loro quella passione ardente che non si spegne mai e che rappresenta una forza motrice ineguagliabile: una passione che permettere di guardare il mondo da un’altra prospettiva, senza porsi mai dei limiti, ma anzi stimolando una curiosità che ci rende propositivi e desiderosi di raggiungere dei risultati, di perseguire degli obiettivi, così che quella giusta motivazione possa indirizzare il cammino nella giusta direzione.
di VALENTINA TROPEA
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