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Crepet: "Se per educare è fondamentale dare l'esempio, per riuscirci occorre essere credibili proprio nella misura in cui si riesce ad essere autentici”

Con il passare del tempo i genitori sono diventati onnipresenti e iperprotettivi, proteggendo i loro figli in qualsiasi modo, celando loro anche le emozioni più profonde, in virtù di una "normalità comportamentale" che dovrebbe tranquillizzare..."

Svolgere la funzione di educatore, in quanto genitore, comporta oggi davvero tanta fatica ed impegno, alla luce delle nuove generazioni sempre più digitali e meno avvezze al dialogo ed alla comunicazione. Non è semplice rivestire il ruolo di genitore, essere guida e punto di riferimento indiscusso, un faro che nella notte illumina la strada indicando la giusta direzione da percorrere, quel maestro capace di insegnare a volare ma anche in grado di far atterrare il suo discepolo morbidamente, attraverso un apposito paracadute.

Con il passare del tempo i genitori sono diventati onnipresenti e iperprotettivi, proteggendo i loro figli in qualsiasi modo, celando loro anche le emozioni più profonde, in virtù di una "normalità comportamentale" che dovrebbe tranquillizzare i figli stessi. I genitori, pertanto, cercano di controllare le loro emozioni in ogni modo e così preferiscono non piangere dinanzi ai loro bambini.

Su tale aspetto il sociologo e psichiatra Paolo Crepet esprime il proprio pensiero affermando espressamente che : "se per educare è fondamentale dare l'esempio, per riuscirci occorre essere autentici, cioè vivere e sentire secondo la propria interiorità. Un adulto è credibile - dunque rassicurante- proprio nella misura in cui riesce a esser autentico in ogni espressione emotiva".

Se un bambino vede piangere la sua mamma e quest'ultima riesce anche a spiegargli con chiarezza ciò che le accade, allora imparerà che è lecito esprimersi e che non deve vergognarsi di ciò che si prova. Al contrario se un genitore non sarà in grado di esprimere il dolore, allora conterrà anche la gioia, la felicità, la spensieratezza emotiva, rifugiandosi in un "formalismo emozionale". Essere abile nel controllare le emozioni, significa pensare anche che si possa fare a meno di esse, soprattutto delle più forti. Si determina, così, quell'anestesia emotiva che rende ciascuno di noi freddo, distaccato, apatico e privo di stimoli.


Emozionarsi ed essere autentici nel provare dei sentimenti rappresenta l'aspetto più bello e più significativo da trasmettere ai giovani, insegnando loro che nella vita ci saranno anche dei momenti difficili da affrontare, ci saranno anche delle giornate dure ma, attraverso la forza d'anima e la buona volontà, sarà sempre possibile superare tutti gli ostacoli che si presenteranno lungo cammino, affidandosi a quelle emozioni che nutrono l'anima, rendendola pura e speciale.

"Aver coscienza del proprio mondo emotivo e del significato di manifestarlo a chi sta imparando a vivere significa dunque essere educatori più consapevoli e maturi,

quindi allevare figli più forti e meno ricattabili", così conclude Paolo Crepet la sua profonda e significativa riflessione.

Ritornare a sentire, ad emozionarsi, rappresenta una delle più grandi conquiste che possa mai aversi in una società come quella odierna: per amare gli altri occorre prima imparare ad amare se stessi, in quanto ogni individuo spesso si connota proprio per le sue fragilità, per la sua inclinazione a sbagliare, essendo un essere umano e non un automa.


di VALENTINA TROPEA





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