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Crepet, “non si può negare a un giovane la possibilità di riscattarsi da un giudizio negativo. È necessario ripartire dai propri errori...”

"Un voto non è un giudizio, ma un’inevitabile valutazione e chiunque, a qualsiasi età è costantemente valutato e…

La scuola, quale luogo formativo e di crescita per ciascun singolo individuo, con il passare del tempo ha subito una profonda trasformazione e così alcuni ruoli sembrano essere stati scardinati ed alcuni valori sovvertiti.

Sempre più spesso, infatti, proprio a scuola, si verificano avvenimenti spiacevoli: numerose sono le aggressioni ai danni degli insegnanti da parte degli studenti, così come crescono in maniera esponenziale i fenomeni di bullismo e le vessazioni proprio fra coetanei.

A tal riguardo sembra opportuno soffermarsi sul pensiero del sociologo e psichiatra Paolo Crepet, nel suo libro “Mordere il cielo”, nell’ambito del quale coglie l’occasione per esprimere la sua preoccupazione ed il suo disagio in merito ad una situazione allarmante e destinata sempre più a degenerare: senza alcuna esitazione, infatti, dichiara espressamente che: “Se la scuola fallisce, tutti falliamo”.

Crepet pone l’accento proprio sull’indebolimento e sulla sempre minor autorevolezza che viene a contraddistinguere il mondo scolastico. Tale fenomeno si verifica per molteplici fattori e, tra i tanti, lo psichiatra si sofferma sulla questione concernente il dibattito sui voti.

Un assessore della provincia di Bolzano aveva espresso il suo parere contrario in merito alla possibilità di attribuire agli studenti, nelle scuole medie superiori, dei voti che fossero inferiori a quattro.

Ed allora Crepet, non comprendendo la ratio di un ragionamento così scriteriato, sostiene che nell’ipotesi in cui si decidesse di abolire i voti bassi, di conseguenza, poi, dovrebbero essere aboliti anche i voti alti, come i sette, gli otto ed i nove.

Ci si chiede, a tal fine, perché si debba negare ad un giovane ragazzo la possibilità di poter migliorarsi, di poter riscattarsi da un giudizio negativo magari attraverso un’ottima prestazione. “Ed è proprio in quel preciso istante che inizia la risalita, imparando qualcosa dai propri sbagli, essendo umile nel riconoscere la propria imperfezione”, così dichiara Paolo Crepet.

Occorre, quindi, che la scuola si riappropri della sua luce, della sua autorevolezza perché non è concepibile perseguire la mediocrità.

“Un voto non è un giudizio, ma un’inevitabile valutazione e chiunque, a qualsiasi età è costantemente valutato e valutabile”, così sostiene lo psichiatra nell’ambito della sua ampia riflessione.



D’altronde, se ci si sofferma solo un attimo, la valutazione è intrinseca in tanti settori: si pensi ad un ristorante, dove i clienti valuteranno la qualità del cibo ed esprimeranno il loro giudizio positivo o negativo; o ancora si pensi ad un libro ed al numero di copie vendute, quale sinonimo di gradimento; persino quando si guarda una partita ci si esprime e si valuta la performance di uno sportivo nell’ambito di un determinato match.

In realtà quel voto basso, quel giudizio negativo, quell’intoppo è molto utile per poter ricominciare da capo, con maggiore rabbia e determinazione, così da perseguire le proprie mete e raggiungere i propri risultati con altrettanta passione e dedizione. D’altronde anche i grandi geni sono stati bocciati e non a caso ciò ha rappresentato per loro un’opportunità per crescere e per poter migliorarsi.

Il messaggio che Paolo Crepet vuole trasmetterci è chiaro ed evidente: occorre una “scuola esigente”, una scuola autorevole, che insegni ai giovanissimi cosa significhi crescere, maturare, cadere, rialzarsi, anche e soprattutto grazie a quei no pronunciati con fermezza e a quei voti bassi attribuiti motivatamente.

Non si può essere sempre democratici, servizievoli, accondiscendenti perché la vita vera è severa e non è sicuramente facile: bisogna imparare a cavarsela da soli, occorre comprendere quali sono le nostre debolezze ma anche i nostri punti di forza. La scuola diviene così un luogo di aggregazione e formazione e così come sostiene Crepet “il luogo di confronto fra alunni e insegnanti senza la mediazione di nessun altro familiare”.

Lo psichiatra, infatti, fa riferimento al ruolo svolto da molti genitori iperprotettivi ed onnipresenti: proprio tale rapporto tra famiglie ed insegnanti tende ad impedire la responsabilizzazione degli alunni. I genitori non possono svolgere la funzione di sindacalisti, conciliatori, mediatori, non posso presentarsi a scuola e pretendere di confrontarsi con gli insegnanti solo per perorare la causa del figlio, magari pretendendo un voto più alto rispetto a quello che è stato effettivamente assegnato.


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di VALENTINA TROPEA




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