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Crepet, "le famiglie non funzionano e la scuola è abbandonata a sé stessa… ecco il perché si arriva al punto che un ragazzo uccide la sua famiglia atrocemente. Non c’è una regola"

Aggiornamento: 4 set

La fragilità emotiva è intrinseca in questi soggetti che spesso pensano di risolvere i loro “malesseri” solo attraverso gesti estremi ed il dialogo con i loro genitori, spesso troppo sterile o assente, non aiuta a carpire segnali molto…

Sembra quasi inverosimile eppure è accaduto davvero: la strage di Paderno Dugnano lascia attoniti, senza parole, basiti e quasi spaventati per ciò che si è verificato. 

Un ragazzo 17enne, Riccardo C., ha ucciso brutalmente la madre, il padre ed il suo fratellino 12enne, ha sterminato la sua famiglia ed allora la prima domanda che ci si pone è il perché. Comprendere o almeno interpretare il motivo per il quale si possa essere arrivati ad un gesto così estremo ed efferato è davvero complicato.

Dopo la festa di compleanno del papà Fabio per i suoi 51 anni Riccardo non si è addormentato ma anzi ha preparato l’agguato. È sceso al piano terra verso l’1.30 e si è munito di un coltello per poi risalire: il primo ad essere  martoriato è stato proprio Lorenzo, il fratellino 12 enne, mentre stava dormendo; tuttavia però il fratellino si è svegliato e ha cercato in qualche modo di chiedere aiuto; ciò ha destato l’attenzione dei genitori che sono subito accorsi in suo soccorso; così anche questi ultimi sono stati uccisi violentemente e probabilmente sono stati feriti alla gola; ciò spiegherebbe anche il motivo per il quale i vicini non hanno percepito urla o strani rumori.


Quando è stato interrogato si è espresso in tale maniera: “Mi sentivo un corpo estraneo alla famiglia, sentivo un disagio e ho pensato che eliminandoli tutti mi sarei liberato: un minuto dopo, ho capito che non era così".

«Non è successo niente di particolare sabato sera. Ma ci pensavo da un po’, era una cosa che covavo», ha confessato cinicamente il 17 enne e responsabile del triplice omicidio.

Al riguardo lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet ha espresso il suo pensiero presso Il Messaggero, cercando di spiegare o almeno di interpretare le motivazioni che possano aver spinto un ragazzo così giovane ad un crimine così efferato.

Non c’è una regola. Ed è avvenuto perché non parliamo più. Abbiamo scambiato i soldi con le parole. Una volta si parlava e non c’erano soldi. Oggi ci sono i soldi ma non si parla più. Un padre non sa dove è suo figlio di 14 anni. Sabato sera c’era mezza Italia che non sapeva dove si trovasse il proprio figlio. Ne aveva una idea molto, molto vaga. Un padre non sa cosa fa il proprio figlio di 14 anni, non sa quanti shot stia bevendo, non sa se consuma cocaina, non sa se fa sesso con una tredicenne. Sa di cosa sanno i genitori? Di padel, della partita, del prossimo viaggio magari si parte sposati e si torna separati”, così si è espresso molto duramente Crepet. Ed allora ci si chiede quale sia il ruolo svolto da genitori ed insegnanti e soprattutto come quest’ultimi possano contribuire nella formazione giovanile, svolgendo una funzione educativa importante.

La relazione intercorrente tra genitori e figli è sempre molto articolata e ad oggi molti valori sembrano andati perduti.

Si cerca di capire quali siano le motivazioni per le quali si verifichino tali crimini, perché ragazzi giovanissimi si ritrovino ad essere così spietati nel commettere crimini inauditi, spesso con l’aggravante dei futili motivi.

La fragilità emotiva è intrinseca in questi soggetti che spesso pensano di risolvere i loro “malesseri” solo attraverso gesti estremi ed il dialogo con i loro genitori, spesso troppo sterile, non aiuta a carpire segnali molto evidenti.

Anche e soprattutto gli insegnanti possono svolgere un ruolo chiave perché quella violenza e quella forma di prevaricazione si manifesta già nei banchi di scuola, magari attraverso un’aggressività inspiegabile o anche attraverso piccoli segnali, come l’essere sempre molto taciturni, isolarsi, essere cupi, senza però una motivazione manifesta.


I genitori italiani sono troppo protettivi nel momento in cui non dovrebbero esserlo. Sono protettivi per la scuola, Vai a discutere se tuo figlio a preso un brutto voto, se ha preso 5? Ma cosa ti interessa se tuo figlio ha preso 5? Saranno cavoli suoi. Lascialo di fronte alle sue responsabilità”, ha replicato Paolo Crepet.

Ed ecco allora che lo psichiatra propone una soluzione alternativa.

Bisogna mettere un punto. Possiamo cambiare la scuola in maniera rivoluzionaria. Prima di tutto bisogna cominciare a 5 anni e non a 6, finire a 18 e non a 19. Bisogna rimettere i voti come si è sempre fatto. Bisogna avere la scuola a tempo pieno e dare più soldi agli insegnanti”, così ha dichiarato Crepet senza esitazione.


Non è semplice raffrontarsi e trovare delle soluzioni quando le tematiche di cui si disquisisce sono così delicate ma occorre riflettere sull’accaduto e cercare delle soluzioni per evitare che fenomeni simili continuino a ripetersi perché è inconcepibile che un ragazzino 17enne uccida la sua intera famiglia solo perché “oppresso”, magari raccontando l’accaduto in maniera lucida e premeditando cinicamente ogni aspetto, ogni dettaglio così da portare a compimento il suo insano “progetto”.


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di VALENTINA TROPEA




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