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Crepet, il desiderio di eliminare gli ostacoli rappresenta una “pedagogia debole” che tende ad avere ripercussioni deleterie nella vita dei giovanissimi

Genitori iperprotettivi e onnipresenti cercano di preservare i loro figli da qualsiasi dolore e sofferenza, ignari che gioia e dolore siano emozioni che devono essere sperimentate entrambe per poter crescere…

L’idea di raggiungere qualsiasi risultato in maniera veloce e senza alcun tipo di fatica o sacrificio sembra essere predominante nelle nuove generazioni.

Su tale aspetto si sofferma Paolo Crepet, sociologo e psichiatra, sottolineando come l’adolescenza rappresenti un processo di sviluppo che non può essere privo di fatica.

Più nello specifico l’adolescenza viene equiparata ad un trasloco: “traumatico sempre, anche se ci fa trasferire nella casa a lungo sognata, per la quale abbiamo fatto tanti sacrifici; quando chiudiamo la porta del vecchio appartamento, sappiamo bene che non la potremo riaprire mai più e ci prende un nodo alla gola”, queste le parole dello psichiatra.

Si desidera diventare adulti il prima possibile, eppure paradossalmente alla fine, viste le molteplici responsabilità, si vorrebbe tornare nuovamente a quell’infanzia beata e spensierata, una regressione che spaventa gli adulti.

In realtà la dimensione del dolore e della fatica è funzionale alla crescita. L’unico modo per poter forgiare la nostra personalità è fare esperienza e crescere significa sperimentare non solo la gioia di un successo ma anche e soprattutto il dolore di un fallimento, lo sforzo nel perseguire un obiettivo, trasformando le nostre debolezze in punti di forza a nostro favore.

A oggi, invece, l’idea di stemperare il dolore fino alla presunzione di poterlo estirpare completamente dalla vita di un adolescente sembra imporsi prepotentemente.

Genitori iperprotettivi e onnipresenti cercano di preservare i loro figli da qualsiasi dolore e sofferenza, ignari che gioia e dolore siano emozioni che devono essere sperimentate entrambe per poter crescere e costruire una propria identità.

Spesso si cerca un supporto psicologico con la speranza di poter estirpare il dolore dalla vita dei più giovani, pensando di aiutarli ad essere felici, allontanando da loro qualsiasi sofferenza o patimento.

Tuttavia “compito di uno psichiatra è accompagnare la crescita, è riconoscere il dolore e non cancellarlo”, sottolinea Paolo Crepet in maniera significativa.

Non si può avere la presunzione di cancellare il dolore dalla vita di un adolescente perché ciò porterebbe all’irresponsabilità ed anche ad una nefasta onnipotenza.

I genitori odierni, invece, pretendono di eliminare qualsiasi ostacolo dalla vita dei loro figli, azzerando ogni limite, ma ciò disorienta, rallentando il processo di crescita e maturazione.

“Prevenire ossessivamente ogni forma di malattia e di dolore significa impedire al bambino di accrescere la confidenza con se stesso, rendendogli così più accidentato e difficoltoso il percorso di costruzione dell’autostima”, così continua Crepet nella sua profonda riflessione.

In definitiva quindi Paolo Crepet vuole trasmetterci un messaggio importante e che non deve essere mai trascurato: l’idea di un genitore di estirpare il dolore dalla vita di un figlio, il desiderio di eliminare gli ostacoli, allontanando dalla sua vita qualsiasi sofferenza, rappresenta una “pedagogia debole” che tende ad avere ripercussioni deleterie nella vita dei giovanissimi. Privare un adolescente della fatica, del dolore, dello sforzo, significa privarlo di un processo di maturazione, senza permettergli di formare la propria identità, così non sperimentando sulla sua pelle quella sofferenza che rende più forti, permettendo di trasformare le debolezze in punti di forza. Non ci si rende conto che trasmettere preoccupazioni eccessive a chi sta crescendo significa infondere anche e soprattutto insicurezza, paura di sbagliare a chi invece dovrebbe imparare a vivere.

di VALENTINA TROPEA


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