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Crepet: Educare significa condurre i giovani verso la ricerca della felicità, rassicurandoli, aiutandoli a crescere, permettendo loro di maturare così che l’allievo possa fidarsi del proprio maestro

Immagine del redattore: La RedazioneLa Redazione

“Su cosa dovrebbe fondarsi ogni metodo educativo se non, appunto, sulla fiducia? Senza di essa si perderebbe quel senso di sicurezza che è implicito nel significato autentico dell’educare…”

Ritrovare se stessi, riscoprendo la bellezza delle relazioni interpersonali, riponendo fiducia nel prossimo, rappresenta un aspetto estremamente importante, alla luce di una società che predilige rapporti asettici, freddi e distaccati.

Il problema centrale ruota attorno alla parola «fiducia», così come ci spiega molto approfonditamente il sociologo e psichiatra Paolo Crepet.


“Su cosa dovrebbe fondarsi ogni metodo educativo se non, appunto, sulla fiducia? Senza di essa si perderebbe quel senso di sicurezza che è implicito nel significato autentico dell’educare, dell’aiutare a crescere, del permettere di maturare. Un allievo deve fidarsi della propria maestra o del proprio maestro, un figlio o una figlia dei propri genitori, più in generale i giovani degli adulti e degli anziani. La «cura» passa attraverso non soltanto un attestato di fiducia, ma attraverso l’atto dell’affidamento”, queste le parole dello psichiatra in merito.


Educare significa, infatti, condurre i giovani verso la ricerca della felicità, rassicurandoli, aiutandoli a crescere, permettendo loro di maturare così che l’allievo possa fidarsi del proprio maestro perché avere fiducia è un atto di lealtà, un pilastro fondamentale che connota la nostra esistenza.

Tuttavia nel corso del tempo si è perpetrata un’opera insistente e continua di delegittimazione della fiducia nei confronti del prossimo.

“Insinuare dubbi sul merito è una pratica che nulla ha a che fare con l’educare”, così come ci spiega Paolo Crepet senza alcuna esitazione.


Ad oggi, invece, si tende ad essere sempre molto diffidenti, schivi, guardinghi, considerando se stessi come unico punto di riferimento, prediligendo un’educazione all’autarchia.

Mentre prima, infatti, i genitori nutrivano un grande rispetto nei confronti degli insegnanti poiché era giusto dimostrare riconoscimento per quella cultura trasmessa alle future generazioni, ad oggi la situazione è profondamente mutata.

“Se un padre, invece di togliersi il cappello al passaggio di quell’insegnante, insinuasse dubbi sulla sua reale bravura, sulle sue competenze, sulla sua capacità di giudizio, crescerebbe una persona perennemente spaesata, ostile e petulante, quindi fragile, frustrata, priva di reali speranze, costantemente alla ricerca di rassicurazioni”, questa la riflessione di Paolo Crepet in merito.


Pertanto, occorre ritrovare il coraggio di contare sull’altro e di imparare a rispettarlo, riponendo fiducia nel prossimo, riscoprendo la bellezza delle relazioni vere, sincere, senza troppi artifici, all’insegna di quell’empatia che ci permette di relazionarci con gli altri in modo sereno ed armonico, senza essere troppo diffidenti, senza considerare se stessi come unico punto di riferimento, ma riaprendo le porte del proprio cuore per ritornare ad emozionarci, ad essere felici, a vivere.

di VALENTINA TROPEA

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