Gli adulti, siano essi genitori o insegnanti, in quanto maestri di vita, dovrebbero essere un esempio per i giovani ragazzi, ma questo è possibile solo quando sono...
Gli adulti, siano essi genitori o insegnanti, in quanto maestri di vita, dovrebbero essere un esempio per i giovani ragazzi, ma questo è possibile solo quando sono coerenti. La coerenza implica il riconoscere i propri limiti e conferisce all'educatore forza e credibilità, dunque autorevolezza.
Bisogna, quindi, fare leva sull'autonomia e sull'autostima dei giovani così da insegnare loro la capacità di impollinare la vita con i semi della gioia e dell'ottimismo e non cedere alla tristezza ed al pessimismo. "L'autostima e l'autonomia portano alla libera scelta dell'altro in quanto risorsa aggiuntiva, valore capace di migliorarci", ribadisce Crepet ancora una volta. Occorre, pertanto, insegnare ai bambini ad essere autonomi, credendo in se stessi, sperimentandosi, ponendo al centro della loro vita la gioia e la felicità, permettendo loro anche di sbagliare perché solo in tal modo potranno crescere in maniera sana, maturare, e divenire degli adulti consapevoli e responsabili delle loro azioni, alla luce di una grande forza interiore senza mai essere timorosi o fragili.
Non esistono manuali per poter esser definiti dei bravi genitori o dei bravi insegnanti ma occorre sicuramente prestare molta attenzione ad alcuni piccoli e semplici gesti che spesso possono fare la differenza.
Lo psichiatra riporta il caso di una mamma, in primis una brava educatrice, che, nell'insegnare alla figlia ad andare in bici, decide di permettere alla bambina di pedalare dietro e non davanti a sé. Questo piccolo gesto strategico è in realtà presupposto di un adeguato e corretto approccio educativo nella fase di crescita di un bambino. Quasi tutti i genitori avrebbero sicuramente preteso che la loro figlia pedalasse davanti a sé per poter controllarla, tenerla d'occhio, magari evitando che si facesse male, rimproverandola in caso di errore o di pericolo: in tal modo avrebbero fatto ricorso alla disistima che produce soltanto insicurezza nel bambino.
"Avrebbero contribuito a confermare l'idea che nella vita l'emozione prevalente è la sottrazione, la perdita, il diniego, mai la gioia, la spensieratezza. Avrebbero sostenuto che sono più importanti gli obblighi, anche quelli soltanto formali, rispetto alla felicità", così ci spiega Paolo Crepet a gran voce. Si tratta di bambini tarati sul dolore e non sull'abilità di elaborarlo, insicuri, incapaci di affrontare qualsiasi difficoltà, fragili e titubanti. I genitori, svolgendo tale attività di controllo sul bambino, non permettendogli di sbagliare, non fanno altro che comunicare la propria ansia e dilatano la propria incapacità di credere nell'altro: un po' come accettare di essere amati dai proprio genitori ma solo se dipendenti da questi ultimi e quindi limitati in tale maniera. "Genitori così fondano il proprio ruolo e la propria identità sulla convinzione che i bambini non siano autonomi né possano più di tanto diventarlo; simmetricamente, non potendo sperimentarsi né sperimentare, quei figli cresceranno diffidenti di se stessi e dei propri mezzi, dunque fragili, terrorizzati dall'idea di sbagliare: come potranno mai credere che nella vita è importante sfidare e sfidarsi, alzare il livello dei propri obiettivi, accrescere le proprie ambizioni insieme al grado di confidenza in se stessi? Tenderanno invece a delegare agli altri - specie ai genitori e agli insegnanti- ogni assunzione di responsabilità, percependola come timore, come occasione di giudizio", sottolinea Crepet senza alcuna esitazione. Il genitore, in tal modo, si auto-conferisce un ruolo imperituro: viene così sopperita la sua paura di diventare inutile, di sentirsi vecchio prima del tempo.
di VALENTINA TROPEA