Carta docente, il tribunale di Roma fa assegnare a una supplente 2mila euro e condanna il Mim al pagamento delle spese. Pacifico (Anief): “lottiamo per una scuola giusta, basta con le disparità”
- La Redazione
- 15 apr
- Tempo di lettura: 2 min
"Altro tribunale altra vittoria: è la volta di quello di Roma che fa assegnare alla docente la carta docente per i 4 anni per i quali ha prestato servizio... "

Altro tribunale altra vittoria: è la volta di quello di Roma che, accolte le ragioni di una supplente difesa dagli avvocati Anief Giovanni Rinaldi, Walter Miceli, Nicola Zampieri e Fabio Ganci, fa assegnare alla docente la carta docente per i 4 anni per i quali ha prestato servizio da precaria.
Come si legge dalla sentenza, “in conclusione, va dichiarato il diritto della ricorrente all’assegnazione della cd. “Carta docenti” nella consistenza prevista dal DPCM vigente protempore per gli anni scolastici in premessa, oltre alla maggior somma sull’importo da accreditare tra rivalutazione ed interessi legali dalla maturazione del diritto alla concreta attribuzione (da riconoscere d’ufficio: Cass. 20658/2007, 19312/2016); alla quale il Ministero convenuto va condannato”.
Il leder del sindacato, Marcello Pacifico, ribadisce quanto sia ormai imprevedibile la decisione del giudice: “la giurisprudenza è sempre più positiva e sulla questione della carta docente ha sempre più peso la posizione della Corte di Giustizia Europea. Come pure fondamentale risulta il parere favorevole ai precari della Corte di Cassazione. Stando così le cose, il giudice del lavoro ha il pieno diritto di esaminare un ricorso per la mancata assegnazione della card dell’aggiornamento ai precari andando a verificarne la sussistenza: ciò detto, non potrà in alcun modo non tenere conto dei pareri della Corte Ue e della Suprema Corte italiana. Presentare ricorso gratuito con Anief, facendo attenzione a non superare cinque anni dalla stipula del contratto a tempo determinato, permette allora di recuperare fino a 3.500 euro più interessi e di inviare un messaggio al legislatore e all’amministrazione scolastica: i precari non sono figli di uno dio minore”.
di LA REDAZIONE
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