Così come approvata dal Parlamento, l'autonomia differenziata creerà enormi danni alla scuola, soprattutto agli istituti collocati in territori che hanno meno aiuti da enti locali e privati...
La legge sull’autonomia differenziata, approvata a metà giugno, infiamma il dibattito politico. Da una parte il ministro Roberto Calderoli, scrive oggi la stampa specialistica, preme sull’acceleratore per dare rapida attuazione alla legge 86/24, con l’obiettivo di avviare le trattative con Veneto, Lombardia e Piemonte; dall’altra, però, emergono forti preoccupazioni per un possibile aumento delle disparità tra Nord e Sud del Paese. Le proteste arrivano soprattutto dal Mezzogiorno: il governatore della Puglia, Michele Emiliano, denuncia il rischio di un esodo di medici, infermieri e insegnanti verso le regioni più ricche, attratti da stipendi più alti; l’ex presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, critica la richiesta di autonomia su scuola e sanità, definendola “un errore gravissimo” che rischia di creare “20 pubbliche istruzioni diverse”.
Il sindacato Anief ricorda che l’autonomia spinta che verrà concessa alle Regioni non è accompagnata da alcuna garanzia di riequilibrio per i servizi essenziali, come pure non c’è traccia, già nel testo approvato a suo tempo al Senato, degli investimenti finalizzati a restringere il divario tra Settentrione e Meridione. “Senza la garanzia di LEP omogenei e armonizzati tra le regioni – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief -, la legge si realizzerà con evidenti limiti di attuazione. La verità è che la scuola pubblica non può fare la fine della sanità: non è un caso il ventaglio delle richieste di modifica del disegno di legge è stata davvero ampio, proposte dagli stessi partiti di maggioranza per garantire la parità di risorse per il raggiungimento comune dei livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi su tutto il territorio italiano. Poi, quelle richieste non sono state accolte, quindi il problema è rimasto intatto”.
“Siamo convinti – continua Pacifico – che l’autonomia differenziata, così come approvata dal Parlamento, creerà enormi danni alla scuola, soprattutto agli istituti collocati in territori che hanno meno aiuti da enti locali e privati. Comunque, per noi la norma rimane incostituzionale e porteremo di certo in tribunale gli atti attuativi. Se le cose rimangono così come sono state approvate oggi, le condizioni della scuola non potranno che peggiorare confermando la nostra prima richiesta: l’intero settore della Conoscenza andava lasciato fuori.
A temere per l’allargamento del gap Nord-Sud in ambito scolastico è stato anche lo Svimez: con lo studio “Un paese due scuole” ha spiegato per bene i motivi. Come pure sono stati bene argomentati dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, secondo cui questo modello potrebbe “creare ostacoli alla mobilità dei lavoratori e al riconoscimento delle loro competenze specifiche”. I limiti, che “potrebbero essere significativi”, fanno seguito a quelli elencati ancora prima dalla Banca d’Italia, e riguardano vari aspetti tra cui la qualità dei servizi offerti ai cittadini. A rischio vi sarebbe “la diffusione di classi a tempo pieno nella scuola: i dati attuali evidenziano una fortissima differenziazione tra le varie Regioni, con quelle del Mezzogiorno che risultano in generale penalizzate”.
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di LA REDAZIONE
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