"Anief, pertanto, indica quali sono le priorità su cui concentrarsi nel breve e lungo periodo. A partire dall'organico aggiuntivo di personale..."
È positivo il giudizio dell’Anief sul decreto ‘Coesione’ approvato dal Consiglio dei ministri: il sindacato autonomo rappresentativo rende nota la sua posizione sull’investimento di 468 milioni di euro deciso dal Governo a favore della scuola. Il decreto legge "Politiche di Coesione", che rientra nell’ambito del programma nazionale “Scuola e competenze” 2021-2027, contiene, in particolare, le attese risposte sul personale Ata, per il prolungamento dei contratti di oltre 6mila collaboratori scolastici, e offre sostegno adeguato alle scuole più svantaggiate. Ciò detto, per il settore Istruzione è necessario intervenire per completare gli obiettivi concordati nel PNRR e assunti in agenda Sud e per promuovere politiche attive sul lavoro.
GLI INTERVENTI DA ATTUARE
Anief, pertanto, indica quali sono le priorità su cui concentrarsi nel breve e lungo periodo. A partire dall'organico aggiuntivo di personale ausiliario e Ata assunto nel novembre 2023 (10 mila unità), ribattezzato organico PNRR e Agenda Sud, il primo confermato fino al 15 aprile e il secondo fino al 31 dicembre scorso, salva riprogrammazione delle voci di spesa da parte dei singoli dirigenti scolastici, deve essere confermato per tutta la durata del PNRR con soluzione di continuità senza più proroghe occasionali per la scadenza del contratto.
La lotta allo sfruttamento del lavoro generata dall'alto tasso di precarietà della scuola italiana (20%), insieme alla continuità didattica alla necessaria assunzione in ruolo di giovani insegnanti può essere garantita soltanto attraverso il ripristino del doppio canale di reclutamento su posti comuni e di sostegno dalle attuali graduatorie per le supplenze, le cosiddette Gps, previo inserimento nel circuito di formazione iniziale previsto dallo stesso PNRR di chi è sprovvisto del titolo abilitante o di specializzazione. Ciò è tanto più necessario se si guarda al risultato (modesto!) delle immissioni in ruolo disposte con i precedenti concorsi riservati, straordinari e ordinari degli ultimi 10 anni (50% dei posti autorizzati scoperti e aumento del 100% dei supplenti chiamati) e dell'elevato tasso di cattedre rimaste scoperte dove vi è il fabbisogno (in particolare al Nord). Piuttosto di introdurre vincoli gratuiti sui trasferimenti - come attualmente previsto e certamente da rimuovere - per garantire la continuità didattica si deve procedere al reclutamento dei precari e al finanziamento di sussidi atti a ristorante i lavoratori fuori sede.
In generale, la lotta alla precarietà deve essere portata avanti anche per il personale precario inserito nelle graduatorie delle AFAM, dei ricercatori precari degli Rnti di ricerca e ai nuovi contrattisti di ricerca degli Atenei, per i quali è necessario ripristinare il ruolo di ricercatore a tempo indeterminato, al fine di evitare un futuro abuso dei contratti a termine, sulla stessa linea della Carta europea dei ricercatori.
Sul sostegno agli alunni con disabilità, tutti i posti in deroga (la metà dell'organico complessivo) devono essere ricondotti in organico di diritto e assegnati in ruolo se per più di un anno alla stessa scuola, in considerazione anche dell'aumento del 30% negli ultimi tre anni delle iscrizioni degli alunni con certificazione.
Il doppio canale di reclutamento permetterebbe anche di assumere gli idonei degli ultimi concorsi ordinari e i precari con 36 mesi di servizio, nonché i docenti specializzati su sostegno rappresenterebbe anche la risposta dello Stato Italiano come prevenzione per l'abuso dei contratti a termine nel rispetto della direttiva europea e quindi alla procedura d'infrazione e allo stato di messa in mora vigenti.
A tal proposito, per evitare la sicura condanna italiana da parte della Corte di Giustizia europea sulla procedura d'infrazione in essere, bisogna stanziare risorse nel prossimo rinnovo contrattuale per garantire la parità di trattamento economico e giuridico tra personale precario e di ruolo che svolge lo stesso lavoro.
Sulle pensioni, tra burnout sempre più diffuso e classifiche che fanno della scuola italiana la più vecchia al mondo, è chiaro che bisogna riconsiderare una specifica finestra senza penalizzazioni sull’assegno di quiescenza e comunque con il riscatto degli anni di formazione universitaria come avviene per il personale dipendente delle forze armate.
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di LA REDAZIONE
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