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12enne bullizzata in classe: scuola condannata a risarcire 60mila euro di danno alla vittima ed alla sua famiglia. La scuola avrebbe potuto intervenire prima?

Per giorni, poi diventati mesi lunghi e complessi, la 12enne era stata bersaglio di offese volgari sia in aula che durante ricreazione, mentre camminava per i…



«Tu sei una ragazza sporca, come tua madre, fai cose sporche, sei brutta e grassa, guardati», sarebbero state queste le parole rivolte da un compagno di scuola ad una studentessa 12 enne in un istituto scolastico di Pescara.

I fatti risalgono al 2015. Per giorni, poi diventati mesi lunghi e complessi, la 12enne era stata bersaglio di offese volgari sia in aula che durante ricreazione, mentre camminava per i corridoi o si recava in bagno.


Vessazioni quotidiane che hanno costretto la ragazza ad isolarsi, vivendo sempre nella paura e nella disperazione, perdendo 20 chili a causa di tale situazione coì allarmante; la giovanissima ha dovuto anche cambiare scuola, perdendo così un anno scolastico.



La 12 enne però ha trovato il coraggio di confidarsi con i familiari. A loro raccontò di essere stata presa di mira da un bullo e che questi non le dava tregua.


Così i genitori decisero di fare causa alla scuola, ritenuta responsabile per non essere intervenuta tempestivamente per tutelare la giovane ragazza e per non aver adottato le misure adeguate per interrompere tali reiterate vessazioni ed atti di bullismo.


Secondo la Corte d'Appello dell'Aquila, all'epoca degli episodi contestati, la scuola non avrebbe preso provvedimenti immediati e sufficienti a neutralizzare il bullo e quindi proprio per tale ragione l’istituto scolastico è stato condannato a risarcire la vittima e i suoi genitori con 60mila euro, riconoscendo la gravità del caso.



La ragazza, che oggi ha 23 anni, lavora e ha ripreso in mano la sua vita dopo anni di cure e sostegno psicologico. La scuola, al tempo, sospese il bullo per una settimana, ma i giudici hanno considerato questa decisione non adatta.

I compagni di classe della ragazzina bullizzata con le loro testimonianze sono stati di grande aiuto per poter arrivare alla sentenza: “I professori sapevano che la mia amica era bullizzata e non hanno mai rimproverato quel ragazzo, lei piangeva nei corridoi, era esasperata, andai dal preside e disse che avrebbe preso provvedimenti, capì che era a conoscenza del comportamento del ragazzino in classe”.



“A nulla rileva l’aver adottato un rigido regolamento scolastico e la sanzione inflitta a carico del ragazzino solo dopo che la vittima aveva trovato la forza di informare il preside e denunciare l’accaduto. Il compito della scuola era quello di tutelare la minore, adempiendo all’obbligo di controllo e vigilanza prima che si verificasse la situazione di pericolo e non intervenire in un momento successivo”, queste le parole dei giudici.

Ed allora ci si chiede perché la scuola non sia intervenuta tempestivamente. Perché la scuola non ha tutelato adeguatamente la giovane 12enne bullizzata?



Tale sentenza, però, spinge ad una profonda riflessione: la scuola, luogo di principale formazione dei giovani ragazzi, deve essere parte attiva, svolgendo un ruolo determinante nella lotta contro il bullismo.

Ogni ragazzo non può essere mai lasciato da solo ma anzi la scuola deve vigilare attentamente così da assicurare che determinate condotte e violenze reiterate non si verifichino a monte.

Bisogna porre un freno ad un fenomeno così dilagante che tende ad estendersi sempre più velocemente.

Non si può rimanere inerti ed indifferenti dinanzi a tale drammatica situazione. Tanti giovani ragazzi, infatti, sopraffatti dalla disperazione e da reiterate vessazioni, non riescono ad andare avanti, la paura li travolge ed i casi di suicidio per bullismo aumentano esponenzialmente. Ed allora occorre spingersi oltre, tendere una mano e garantire un supporto a tanti giovani in difficoltà, non ci si può girare dall’altra parte: la scuola deve essere presente attivamente e rigorosamente e non può certo rimanere in disparte.


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di VALENTINA TROPEA




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